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Feltri fa impazzire la sinistra: "Perché il volto del Duce non va nascosto"

Vittorio Feltri

Vittorio Feltri
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Ogni giorno o due esce un libro sul duce o sul fascismo in genere e risulta che tali volumi vadano a ruba. Anche le televisioni non scherzano nella rievocazione dell'infausto ventennio, mentre sia gli scrittori sia gli autori dei programmi per il piccolo schermo trascurano bellamente quanto accaduto in Italia dalla fine degli anni Sessanta fino al termine del decennio successivo. Il fenomeno non è misterioso bensì stupefacente. Perché il regime nero si giova della propaganda incessante dell'antifascismo, che non passa mai di moda grazie al conformismo sinistroide che dipinge le camicie nere come un pericolo attuale, mentre il terrorismo delle Brigate Rosse e di Prima Linea è descritto come un fenomeno prevalentemente giovanile, protagonisti i comunisti che erano e ancora sono visti da parecchia gente come ragazzi gonfi di nobili ideali.

 

 

Una scemenza, ed è proprio per questo che essa trova oggi come ieri parecchi fans. In questi giorni divampa una polemica ridicola, ben riassunta ieri sul Fatto grazie alla penna di Tomaso Montanari. Il quale in un lungo e ben scritto articolo spiega per quale motivo i ritratti di Mussolini appesi nel ministero dell'Industria vadano rimossi senza esitazione poiché costituiscono il simbolo di una vergogna nazionale. In effetti i fascisti ne hanno combinate di tutti i colori e non vanno festeggiati come eroi. Il duce, in particolare, non si è distinto per bontà d'animo, si è addirittura associato a Hitler, è sceso in guerra al suo fianco senza neppure possedere i mezzi militari idonei, ha persino accettato di applicare dalle nostre parti le leggi razziali, che soltanto a nominarle mi fanno venire il voltastomaco.

 

 

Tutto tragicamente vero, però è un fatto che il regime ha dato al Paese delle connotazioni interessanti da un certo punto di vista, favorendo il suo sviluppo. In altri termini, ideologia a parte, il fascismo non si può ignorare se si vuole ricordare un pezzo di storia italiana.

Quindi censurare la ritrattistica esposta all'interno del dicastero dell'Industria significa chiudere gli occhi sul passato, durante il quale i nostri padri e i nostri nonni hanno vissuto, quasi tutti - non tutti - in odore (apprezzato) di fascismo. Non dobbiamo vergognarci di quanto accaduto dagli anni Venti fino al 1945, non è coprendo gli occhi che si cancellano i disonori remoti. La realtà bisogna guardarla in faccia e il volto di Mussolini conviene osservarlo per non dimenticarlo e non scordare ciò che siamo stati malgrado i disastri che abbiamo combinato come complici del mascelluto, adorato e poi schifato da chi non ne ha seguito da vicino le gesta e ora sputa sui propri avi.

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