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Vittorio Feltri, fuga dall'infelicità? Il racconto di una storia infernale

Vittorio Feltri

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Questa è una storia di gente normale che fa casino, che corre dietro alla felicità, anzi diciamo meglio, corre via dall'infelicità, ma senza sapere dove va e sempre alla velocità sbagliata: non pensa a quello che fa o ci pensa troppo. Sono borghesi del nord, una giovane avvocato (avvocata?) penalista malmaritata e non del tutto in equilibrio, un medico - sposato e con figli - che le gira per casa, pure lui a caccia di qualche cosa che non sa, e intorno un coro di amici e amiche che dispensano consigli con la saggezza che è facile e gratificante irrogare agli altri. La storia raccontata nel romanzo La forza delle cose da Doriana Martini, (Gm libri, 156 pp, 16 eur) avvocato pure lei, che ha già pubblicato un pugno di romanzi, potrebbe avere il sottotitolo "State buoni se potete". Ed è evidente che non possono: i protagonisti del romanzo non hanno problemi materiali: tutto sembra funzionare, il lavoro, la famiglia, il denaro, le amicizie. Il problema è nelle teste, là dentro non è mai vero che tutto funziona. Dunque, la protagonista, che si chiama Giulia Ranieri, è una giovane penalista in carriera, ha trentatré anni e ha già trovato lavoro in un importante studio milanese.

LA TRAGEDIA
La Ranieri vede il suo mestiere come una missione: «La sua professione era per lei la più alta manifestazione di democrazia». È anche bella, almeno così l'autrice lascia intendere. È sposata con Ermanno, e qui cominciano i dolori: il marito infatti è un informatico anaffettivo che per di più non ha mai voluto figli: «Il mio non è un bravo marito», spiega Giulia, «sono infelice con lui». Il rapporto tra i due, al momento della narrazione, è un "non rapporto": Giulia infatti di figli ne vorrebbe, a un certo punto per "incidente" era pure rimasta incinta, il marito ha malvolentieri tollerato la gravidanza, poi il bambino è morto poco dopo il parto, a causa di una malformazione cardiaca. Ermanno, che aveva cercato di spingerla ad abortire, è sembrato più sollevato che investito dalla tragedia. Insomma, già così ci sarebbe di che indagare sui matrimoni che stanno in piedi a colpi di rancore. Il sassolino che fa saltare l'ingranaggio è la vecchia madre di Giulia, che ha un Alzheimer avanzato e vegeta in ospedale. Con lei Giulia ha un rapporto morboso: «Aveva la paura, il terrore, di perdere la sua radice più profonda». Insomma, tutto concorre a facilitare l'incontro fra l'avvocato e il medico che cura la madre, Renzo Contini, che in virtù di questo suo ruolo finisce con l'essere angelicato: l'uomo, come abbiamo detto, tiene famiglia, ma fra i due nasce un'amicizia che dopo un po' precipita in una relazione. A questo punto l'intreccio si infittisce, perché Giulia, tirata da una parte dall'attrazione per il medico e dall'altra dal legame sempre più confuso con il marito, rimane di nuovo accidentalmente incinta. Ma non si sa di chi, perché nel frattempo la vecchia è schiattata, lei ne è rimasta sconvolta, Ermanno a sorpresa si è dato da fare per consolarla e una sera hanno fatto il patatrac.

LA SCELTA DECISIVA
Giulia- oltre a non sembrare ferratissima sugli anticoncezionali - pare non capirci più niente e diventa evasiva con Renzo, che pure sarebbe felice di avere un figlio con lei, al punto da pianificare il divorzio dalla moglie. La nascita della bambina, che viene chiamata Federica, schiarisce la trama. Giulia decide che non vuole avere sulla coscienza il divorzio di Renzo e chiude la loro relazione: in fondo quel che voleva, cioè procreare, l'ha ottenuto, tanto che neppure le importa indagare su quale dei due uomini sia il padre. I padri, dice, «che in fondo non so se siano così necessari». Anche meglio: Ermanno intanto se n'è andato di casa e ha una nuova compagna. Il finale, ambiguo anche quello, lo lasciamo ai lettori. Con una prosa che ha un andante ottocentesco che è propria di romanzi di altre lunghezze, la milanese Doriana Martini ha fatto una scelta del vocabolario e di sintassi lieve e svelta, da far pensare a un tennista che lascia andare il braccio e il colpo finisce all'incrocio delle righe. La vicenda, pagina dopo pagina, si srotola con agilità. In effetti La forza delle cose non è il suo primo romanzo: ha pubblicato Il serpente arcobaleno, I nodi del reale, Prigionieri di noi stessi, Baba Jago. Il risvolto più o meno istruttivo di questa storia, una fiera delle incertezze costellata da gente colpevole che non vuole sensi di colpa, è: non fate casino. E state sorvegliati, perché quando si hanno pochi problemi materiali facilmente ce ne andiamo a cercare dei nuovi, che fatalmente sono anche peggiori. E dietro la geremiade sugli uomini, che poveretti, "sono quello che sono", si evince che anche le donne "sono quelle che sono": è quel che dico sempre, gli uomini e le donne, alla fine, sono uguali. 

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