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Carlo De Benedetti fa la rivoluzione dallo yacht: "Patrimoniale!"

Renato Farina
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Dopo aver seminato, con le sue scorribande da Attila, rovine per l’Italia, senza rimetterci neppure una lira, un penny, un copeco, un mezzo franco svizzero, eccetera, anzi portandosi via un bottino da Lanzichenecco, l’Ingegner Carlo De Benedetti ha pensato bene di rivolgersi agli italiani spiegando loro perché stanno da schifo e lui invece no; e quanto potrebbero vivere felici se imparassero da un suo bel manualetto. Si intitola Radicalità. Il cambiamento che serve all'Italia (Solferino, pagine 144, euro 14,00). Ha girato tutte le trasmissioni e i talk show. I conduttori sventolavano il suo volume salvifico, come in Cina quello rosso di Mao e in Libia quello verde di Gheddafi. A noi tocca la parata del libretto con la spirale ipnotica blu su fondo bianco. Ammetto: ci sono cascato come un gonzo. I lettori, invece, no e pare che finora abbia venduto solo circa 2mila copie.

Osservando infatti le fotografie della sua non grama vecchiaia – eccolo qui spaparanzato solitario ma non disperato sulla tolda della sua barca lunga 72 metri, eccolo là accogliere sul medesimo piroscafo Lilli Gruber –ho provato il desiderio di emularlo, e come tanti me ne sono stato lì con la biro e il block notes a prendere appunti durante le sue rutilante apparizioni televisive. Non è mai troppo tardi per imparare l’abc del fare la grana schivando le stupide tasse italiane, attraversare Ah, magari. Delusione. In realtà il Cavaliere del Lavoro (degli altri) ha tenuto per sé i suoi segreti, ad esempio l’arte di diventare ricchi rifilando computer scassati alle Poste italiane con la scusa che erano già scassate per conto loro, nello stesso tempo amando molto i poveri; sostenere vivacemente l’ecologia plaudendo all’Ue che blocca la fabbricazione e il commercio di auto a combustibile fossile, ma riuscire a far premiare dal principe Alberto Ranieri di Monaco il proprio yacht che si chiama “Solo” mica che qualche profugo cerchi di salirci, come il “più ecologico” del mondo, dato che non ciuccia come quello di Bill Gates un lago di petrolio a miglio marino, ma un po’ meno. Questi miracoli e le formule per ripeterli a casa nostra, li ha tenuti nascosti. A tutti noi ha proposto le sue istruzioni disinteressate per combattere la «disuguaglianza sociale» che a lui ripugna osservare nelle nostre valli e pianure, s’infuria osservando come sono pagati poco i nostri operai e tecnici rispetto a francesi e tedeschi.

IDEE DA SANKT MORITZ
Ma come pensa di sollevare dalla miseria gli sventurati senza yacht? Una bella patrimoniale, in forma di imposta che si porti via una percentuale del valore di beni immobili e mobili: questo, insieme a ecologia e stipendi alti, renderà meraviglioso il Paese nel quale noi paghiamo le tasse, ma lui no. Non ci pensa neanche. Ritiene che il modo migliore per garantire il progresso del «Paese che amo» sia quello di far pagare a chi è così cretino da non avere come lui la residenza in Engadina, più precisamente a Sankt Moritz. Vogliamo rievocare le gesta dell’Ingegnere? Chiamiamo a testimone un suo collega, Marco Tronchetti Provera (Pirelli). Ha detto di Carlo De Benedetti all’Ansa il 29 ottobre del 2013: «C.D.B. è stato molto discusso per certi bilanci Olivetti, per lo scandalo legato alla vicenda di apparecchiature alle Poste Italiane, che fu allontanato dalla Fiat, coinvolto nella bancarotta del Banco Ambrosiano, che finì dentro per le vicende di Tangentopoli». Poco prima l’Ingegnere aveva definito così il lavoro dell’ad di Telecom: «La comunicazione è fatta bene, la rapina ancora meglio». Mica poco. Ma è CDB a querelare il presidente e ad del Gruppo Pirelli, il quale a sua volta rinuncia all’udienza preliminare per accorciare i tempi e portare il suo accusatore sul banco dei testi.

VUOTI DI MEMORIA
Citiamo dalla cronaca di Libero: «E allora eccolo lì, in abito grigio, un attimo prima del vuoto di memoria. Quell’affermazione è falsa - dichiara - nessuno ha mai impugnato i bilanci, erano integri e genuini». Interviene l’avvocato Padovani: «Le chiedo se lei ha memoria di una sentenza di condanna nei suoi confronti da parte del Tribunale di Ivrea del 14 ottobre 1999, poi passata in giudicato, per falso in bilancio in relazione ai bilanci Olivetti». È un gancio al fianco. «No, non ricordo di questa sentenza - risponde De Benedetti - perché sarà finita nel nulla l’accusa». Padovani: «Non è finita nel nulla, ma con una sentenza di patteggiamento a tre mesi di reclusione per falso in bilancio con risarcimento per l’Olivetti. Le imputazioni si riferivano a delle trasformazioni contabili. Lei non ricorda di avere risarcito Olivetti?». Montante al mento. «No», risponde di nuovo il teste. «Eppure questo risulta dalla sentenza - insiste l’avvocato- che mi riservo di produrre. Quindi i bilanci erano criminosamente falsi e lei patteggiò la pena». Kappaò. Padovani ha poi fatto sapere che «nel 1994 venivano iscritti nel bilancio Olivetti crediti e ricavi inesistenti per circa 45 miliardi di lire, nel 1995 per circa 60 miliardi e nel 1996 per circa 18 miliardi di lire».

Va detto che il patteggiamento di De Benedetti e di altri ex vertici dell’Olivetti è stato revocato nel 2003 dal giudice di Ivrea in conseguenza - guarda il caso - della revisione del reato di falso in bilancio introdotta nel 2002 da Berlusconi. Ed ecco l’Ingegnere che in tivù da Giletti rivendica la coerenza mantenuta anche durante «il doloroso ventennio berlusconiano». Ogni punto della frase incriminata è stata analizzata dal Tribunale: Tronchetti è assolto. Ha detto la verità. A chi come Antonio Padellaro obietta che pagare le tasse (pochissime) in Svizzera non aiuta tanto gli italiani, De Benedetti risponde che ha regalato agli italiani una fondazione a favore di disabili psichici e «il mio giornale, il Domani». A proposito lo Yatch batte bandiera delle Cayman. Ma non era Berlusconi il Caimano? 

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