Milan Kundera? Putin, la Nato e non solo: una lezione per capire il presente

di Giovanni Sallustigiovedì 13 luglio 2023
Milan Kundera? Putin, la Nato e non solo: una lezione per capire il presente
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Se ne va Milan Kundera, proprio quando ci stava parlando come forse mai prima. Ci stava parlando con l’inconfondibile timbro della cronaca, sanguinante e quotidiano, sotto ma anche aldilà delle vette letterarie. «All’Europa centrale e alla sua passione per la diversità nulla poteva risultare più estraneo della Russia uniforme, uniformante, centralizzatrice, tesa a trasformare con temibile determinazione tutte le nazioni del suo impero (ucraini, bielorussi, armeni, lettoni, lituani) in un unico popolo russo (o, come si preferisce dire oggi, in virtù della generalizzata mistificazione del lessico, in un unico popolo sovietico)». Kundera lo scriveva nel 1983 sulla rivista Le Débat, il saggio è uscito per la prima volta in Italia appena un anno fa per Adelphi, nel volume Un Occidente prigioniero. Se volete capire il 2023, accartocciate pure i giornaloni, e tornate a questo testo. Perché questo è in gioco oggi: la volontà della Russia di “uniformare”, “centralizzare”, saldare a forza “tutte le nazioni” del suo (ex) “impero”, e restaurare quella mistificazione lessicale e ideologica chiamata Unione Sovietica. Non è un’allusione retorica, è l’agenda letterale di Vladimir Putin, che ha più volte definito il crollo dell’Urss «la più grave catastrofe geopolitica del XX secolo».

La Russia contemporanea si pensa come quella sezionata da Kundera, ovvero «come un Antioccidente, non come una potenza europea tra le altre, ma come una specifica civiltà, una civiltà altra» (basti pensare alle intemerate del filosofo Dugin contro l’Occidente “Anticristo”, o alle giornaliere evocazioni dell’apocalisse nucleare da parte di falchi come Medvedev). E pur di portare fino in fondo la collisione con l’Occidente (Kundera non aveva paura di usare l’espressione «scontro di civilità») oggi accetta di trasformasi nel vassallo di fatto della Cina comunista. Era proprio la refrattarietà a farsi divorare dal totalmente altro sovietico che, secondo lo scrittore, rappresentava l’anima delle “piccole nazioni” centro-orientali (lui pensava fondamentalmente all’allora Cecoslovacchia, alla Polonia e all’Ungheria). «Il senso profondo della loro resistenza è la difesa di un’identità; o, in altre parole, la difesa della loro occidentalità». La difesa della loro occidentalità: con questa potentissima formula allo stesso tempo storica e metafisica, Kundera fa piazza pulita ante litteram di certa retorica colpevolista e filo-putiniana odierna.

Le nazioni dell’Est europeo non sono poi entrate in massa nella Nato a causa di un complotto del Grande Satana americano che è venuto meno alla parola data alla Santa Madre Russia (è la tesi di gran lunga dominante nei talk show italici, diventati altrettante dépendance di casa Orsini). No, lo hanno fatto per decisione sovrana e libera dei loro popoli, per i quali storicamente, ci avvisava Kundera a muro di Berlino eretto, «la parola Europa non è un fenomeno geografico, ma una nozione spirituale, sinonimo di Occidente». E sono stati proprio i pezzi di Occidente a lungo strappati dal proprio ventre culturale, non a caso oggi i sostenitori più inflessibili dell’aiuto militare a Kiev, a insegnare a noi, europei privilegiati, cosa sia davvero l’anomalia occidentale, e quanto pesi davvero ogni sillaba dei due aggettivi di cui sopra, “sovrana e libera”. È la stessa consapevolezza che innerva la battaglia a oltranza dell’Ucraina (quella nazione a sé secondo Kundera costretta nella camicia di forza moscovita) contro l’invasore, che noi troppo spesso (quando va bene, quando quantomeno dismettiamo il putinismo da salotto) semplifichiamo romanticamente in eroismo. No, è più profondamente una scelta di campo, individuale e collettiva, conscia o inconscia, in ogni caso archetipica, la scelta di non appartenere a quella che lo scrittore chiamava la «civiltà del totalitarismo russo». Quella che sta ancora raffigurata sopra alcuni dei carri armati che scorrazzano in Ucraina, sotto forma di bandiera sovieticissima, con tanto di falce e martello. Come fu a Budapest, come fu a Praga. Sì, Milan Kundera aveva capito tutto.

Addio a Milan Kundera, autore de "L'insostenibile leggerezza dell'essere"

Milan Kundera, autore de L'insostenibile leggerezza dell’essere (1984, pubblicato in italiano da Ade...