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La Stampa, rivolta contro Giannini: "Perché siamo alla deriva"

Daniele Dell'Orco
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Nel 2020, nel suo editoriale di insediamento da direttore de La Stampa, dopo che Maurizio Molinari venne dirottato da John Elkann, all’epoca neo proprietario della testata, alla guida di tutto il Gruppo Gedi (compresa Repubblica), Massimo Giannini volle rassicurare il perplesso pubblico del quotidiano torinese: «Care lettrici, cari lettori, voglio fugare subito ogni vostro dubbio. Prima di tutto, vi chiedete: che “mandato” ho ricevuto? Semplice: nessun mandato. Il mandato ce lo abbiamo dentro: fare del buon giornalismo, onesto, affidabile, libero e indipendente, grazie agli ottimi giornalisti de La Stampa».

Tre anni dopo, a definire il giornale come «una nave alla deriva» sono proprio loro: le penne de La Stampa. Virgolette tratte dal comunicato del Comitato di redazione: «Settori e redazioni sguarniti, colleghi usati come tappabuchi, mancanza di organizzazione, caos sistematico nelle chiusure, arroganza o indifferenza nei rapporti umani, professionali e sindacali non sono più tollerabili». Il Cdr afferma che «qualsiasi nuova iniziativa, riorganizzazione, accordo (prepensionamento, master, ecc) non potrà prescindere da un immediato cambio di rotta della direzione per ristabilire la necessaria fiducia e corrette relazioni sindacali e redazionali».

 



E non è tutto, perché il comitato sembra averne davvero le scatole piene: «La misura è colma... il clima in redazione è pessimo». L’ultimo episodio inaccettabile ha coinvolto una redazione («Settore Sinergiche») della Stampa: si occupava tutti i giorni di preparare le pagine nazionali per i fogli locali del gruppo ma è stata chiusa per appaltare tutto all’Ansa. «Imbarazzante il modo con cui sono stati trattati i colleghi. Questo passaggio, annunciato da mesi, è come al solito arrivato a tempo scaduto, nella totale disorganizzazione e senza il minimo rispetto dei colleghi.

Più volte, anche di fronte all’azienda, il direttore aveva dichiarato che avrebbe sentito i colleghi per valutare insieme a loro aspirazioni e prospettive. Tutto ciò non è avvenuto. L’ordine di servizio è arrivato solo dopo che il settore ha ricevuto un timone dell’Ansa con delle pagine proposte. Qui non siamo all’1 vale 1, siamo al “voi valete zero”». Il cdr descrive minuziosamente il nuovo impiego che dovrebbe svolgere una sola giornalista responsabile: Comunicare all’Ansa l’ingombro pubblicitario (lavoro non giornalistico) e valutare le proposte dell’Ansa per tutte le testate del gruppo. Questo non per un’esigenza della Stampa, bensì per l’esigenza dell’Ansa di non dover comunicare con tutti i direttori delle varie testate [...] La stessa collega dovrebbe contemporaneamente svolgere anche il ruolo di cinghia di trasmissione tra La Stampa e il Secolo XIX (che ha preferito continuare a ricevere le notizie nazionali da La Stampa invece che dall’Ansa). Tre giornalisti della Stampa lavorano per Il Secolo XIX». E il Secolo XIX è proprio la testata a cui appartiene la segretaria nazionale dell’Fnsi: «Chiederemo alla stessa che cosa pensa di una testata giornalistica che, dopo aver dichiarato esuberi continua a “fare la spesa” dalle nostre parti perché non riesce a gestire la mole di lavoro. Tutto questo avviene nella nostra testata, dove le carenze nei settori sono da mesi segnalate. Segni sulla sabbia, considerate le scelte di rinforzi e spostamenti che mai collimano con quelle segnalazioni. Legittimo da parte del direttore, ma a questo punto legittime saranno anche le decisioni che prenderemo di conseguenza».

 

 

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