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Vittorio Sgarbi contro il Fatto: "Indagato? Informazioni riservate e a me ignote"

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Vittorio Sgarbi non rimane a guardare. Mentre Il Fatto Quotidiano parla di indagini che lo riguardano per ipotesi di furto di beni culturali, il sottosegretario alla Cultura si difende. Accade in collegamento con L'Aria Che Tira nella puntata di martedì 9 gennaio su La7. Qui il critico d'arte premette di non aver mai commesso il fatto ma anche di non aver ancora ricevuto alcun avviso di garanzia. "Ancora una volta Il Fatto mente, utilizzando informazioni riservate e del tutto ignote a me e al mio avvocato. Io non ho ricevuto nessun avviso d’indagine. Né saprei come essere indagato di un furto che non ho commesso".

A maggior ragione, aggiunge, "per un reato compiuto 11 anni fa, in circostanze non chiarite dagli inquirenti di allora". Incalzato sempre da David Parenzo sulla vicenda, Sgarbi non fa sconti al giornale di Marco Travaglio. E neppure alla trasmissione condotta da Sigfrido Ranucci. "Il Fatto Quotidiano e Report stanno dicendo l'ennesima bugia - tuona - Non ho ricevuto assolutamente niente, tanto meno da Macerata. E se anche dovessi ricevere un avviso di indagine non mi dimetterei".  

 

 

A suo dire, infatti, "da questa notizia risulta una palese violazione del segreto istruttorio, l’unico reato di cui ci sia evidenza - prosegue - Da quello che si legge, l’opera è stata malamente tagliata. E quella in mio possesso è in buone condizioni e con una stesura pittorica ben conservata e uniforme". E ancora: "Qualunque valutazione va fatta sull’opera di cui quella rubata è manifestamente una copia, come tutte quelle conservate in quel castello di cui nessuno si è preoccupato. Né credo sia un reato fare eseguire la fotografia di un’opera di cui tutti gli esperti hanno visto l’originale esposto a Lucca". Poi la precisazione: "Che la Procura d’Imperia abbia trasmesso gli atti a Macerata come sede competente è una notizia che potrebbe avere un senso, se, come la legge prevede, io ne fossi a conoscenza. Ma così non è". Da qui la stoccata finale: "Dovrebbe, infatti, essere un magistrato, non un giornalista, a stabilire su cosa indagare e sulle complicità di restauratori e fotografi, accusatori improvvisati, ma che potrebbero rivelarsi complici di più gravi reati e omissioni". Ma ora, a confermare le indagini è il procuratore Alberto Lari

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