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Claudio Velardi, lezione al Pd: "Dopo 100 anni, la smetta con l'antifascismo". Lo insultano

Tommaso Montesano
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«Se avessi la vocazione al martirio direi: “Non posso uscire di casa, mi stanno massacrando”. È partita la shit storm». Letteralmente, dall’inglese, la “tempesta di m****. Claudio Velardi, classe 1954, da una settimana è direttore responsabile del Riformista, quotidiano che ha fondato nel 2002 e di cui è stato anche editore. Ieri sulla prima pagina del suo giornale, sotto il faccione del Duce, appariva questo titolo: «Inattualità dell’antifascismo». Apriti, cielo.

Che è successo, direttore?
«Senza leggere, perché secondo me neanche leggono, c’è stata una reazione di default: “Sei una m****, sei un fascista, ti sei venduto”. In questo Paese basta proporre una riflessione per passare automaticamente dall’altra parte.Quale parte, poi? Come se una persona fosse di proprietà di qualcuno».
Agli odiatori ci torniamo tra un attimo. Prima la riflessione sull’antifascismo. 
«È molto semplice: l’Italia deve fare un passo avanti e chiuderla qui con il fascismo e l’antifascismo. Sono passati 100 anni, non sarebbe ora di parlarne come parliamo, che so, dei Borboni? Se questo Paese - non la sinistra, il Paese resta legato ai pregiudizi, non cresce, non va avanti».

 

 

 


L’hanno presa di mira per difetto di antifascismo, in pratica. 
«Tutti gli interventi sul tema erano equilibrati, approfonditi, ma è scattato un riflesso pavloviano. E non mi riferisco solo ai cosiddetti haters. Ho sul cellulare messaggi di miei amici riformisti che ammoniscono: “Non dobbiamo abbandonare il campo dell’antifascismo, che deriva dalla storia.
L’antifascismo fa parte del patrimonio della sinistra etc”».
E lei non è d’accordo? 
«L’antifascismo è un fenomeno importante, che ha educato alla democrazia. È patrimonio di tutti, è una componente dell’adesione alla democrazia. Ma se su questo siamo d’accordo tutti, perché poi gli antifascisti assalgono la polizia e fanno i fascisti contro ebrei e Israele? E vedrai domani (oggi, ndr)... Il problema, però, è più complesso, come dicevo prima».
Nel senso che non riguarda solo la sinistra? 
«Questo richiamo continuo al passato è la spia di un Paese vecchio, anche anagraficamente, che non guarda avanti. Mala storia non si può valutare se non si prendono le distanze».
Perché la sinistra guarda sempre indietro? 
«Perché pensa di dover massaggiare l’anima dei suoi militanti tenendo accesa la fiammella del ricordo, della memoria, dando questo messaggio: noi siamo sempre gli stessi».

 

 

 


Quindi è un calcolo esclusivamente elettorale? 
«Soprattutto, anche se sono convinto che pure senza le Europee alle porte Elly Schlein avrebbe trovato qualche altro espediente per fare baccano.
Il 25 Aprile è sempre un richiamo troppo forte per loro, io li conosco bene».
Sul Riformista avete definito l’antifascismo la «comfort zone della sinistra»... 
«Per forza, ma è un calcolo di piccolo cabotaggio. Abbiamo capito che Elly - per una serie di ragioni, non ultimo il desiderio di essere lasciata un po’ in pace dai maggiorenti del partito, un’illusione- ha bisogno di mettere la tacca del 20% alle Europee, ma poi che ci fa? Qual è la sua strategia? La sopravvivenza, va bene, ma poi? E poi questi toni nei confronti della maggioranza...».
A cosa si riferisce? 
«A quando, nelle loro dichiarazioni, dicono “questa destra”. Ma che significa? C’è una destra che ha vinto le elezioni e governa. Perché non si confrontano con lei sui provvedimenti che prende? Perché non la smettono di scavare nella memoria, che peraltro è fallace?».
E sempre lì si torna, al rifugio dell’antifascismo. 
«Prendiamo Giorgia Meloni. Qual è la sua forza? Partita da meno del 4%, si è data un progetto ambizioso. Anche lei ha la tendenza a “gestire”, ma c’è una strategia».
Come la vede Schlein? 
«È saltata l’alleanza con Conte, del suo possibile 20% rischia di non sapere che farsene e allora scatta il richiamo della foresta per tenersi stretto il suo vecchio elettorato».

 

 

 


In tutto questo come lo colloca il “caso Scurati”? 
«Dilettantismo da una parte; ordinaria burocrazia da parte della Rai dall’altra. In tutto questo si è inserita la piccola furbizia di chi ha sfruttato la circostanza per cercare di tenere su una trasmissione in crisi di ascolti».
Ci dobbiamo abituare a un Riformista spina nel fianco del Pd? 
«Io voglio creare una lobby di interesse, alla luce del sole, a favore delle cause riformiste e innovatrici. La mia è una convocazione dei riformisti di tutte le parti politiche e culturali. Questo Paese deve pensare al futuro e smettere di guardarsi indietro».

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