Armani, affari e successione: in ballo c’è un impero valutato 13 miliardi

di Benedetta Vitettavenerdì 5 settembre 2025
Armani, affari e successione: in ballo c’è un impero valutato 13 miliardi

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Oltre mezzo secolo di attività in cui tutto porta il suo nome: Armani. Una maison che conta quasi 9.000 dipendenti, oltre 600 boutique sparse per tutto il pianeta e un gruppo che spazia dalla moda all’hospitality - dagli hotel di lusso (Dubai, Milano e New York) ai ristoranti, fino alla storica Capannina di Forte dei Marmi, acquisita alla fine di agosto in ricordo del suo “primo grande amore”, Sergio Galeotti, che lì aveva conosciuto. Un marchio, Armani, che ha chiuso brillantemente il 2024 con ricavi per 2,3 miliardi di euro. Con la scomparsa di “Re Giorgio”, ora si apre il nodo dell’eredità. Ma quanto vale tutto il suo patrimonio? Le ultime stime parlano di un patrimonio netto compreso dagli 11 ai 13 miliardi di euro. Questa ricchezza straordinaria lo collocava da tempo al terzo posto tra i miliardari italiani, dopo personaggi come Giovanni Ferrero e Leonardo Del Vecchio, e alla 208esima posizione nella classifica globale di Forbes. Ora la gestione dei suoi beni verrà affidata alla Fondazione Giorgio Armani, istituita nel 2016 per volontà dello stesso stilista proprio per garantire una successione ordinata. Del resto, Armani non ha eredi diretti, ma tre nipoti e una sorella, Più precisamente: c’è la sorella Rosanna e suo figlio, Andrea Camerana, e poi Silvana e Roberta, figlie del fratello Sergio, morto anni fa.

Certo che è, al di là dlel’eredità, la guida della maison del lusso passerà ora direttamente nelle mani di Pantaleo (detto Leo) Dell’Orco, storico collaboratore e braccio destro dello stilista, del nipote Andrea Camerana e di Irving Bellotti, amministratore delegato di Rothschild Italia, che siede nel board della Fondazione. Sempre nel board societario siede pure il manager Federico Marchetti, fondatore di Yoox. Il gruppo fondato da Armani non è mai stato quotato, ma lo stilista aveva dichiarato di non escludere un approdo in Borsa o una fusione con un altro gruppo dopo la successione. Peraltro, non essere sbarcato sul mercato è stato forse il vero grande segreto di prosperità che gli ha permesso di mantenere la proprietà dell’azienda, la diversificazione dei marchi e le strategie di investimento mirate al lusso internazionale. In questo modo, il “re della moda” è riuscito a lasciare un’eredità cucita di eleganza e successo senza eguali, tenuta in piedi da residenze esclusive e che ha dato vita a una ricchezza costruita grazie al genio creativo di uno dei sarti più famosi del mondo che ha rivoluzionato lo stile italiano e mondiale. Grazie alla sua visione lungimirante, lo stilista-imprenditore è riuscito persino nell’impresa di creare un regno economico che può essere considerato uno dei più rari esempi di impresa familiare nel mondo del lusso a restare indipendente fino alla fine.

«Per sviluppare il business pensa di affidarsi a una serie di alleanze o sta pensando anche all’approdo in Borsa?», gli avevano chiesto tempo fa in un’intervista. Lui aveva risposto senza indugiare: «Non è la Borsa che risolve questi problemi. Quotarsi sul mercato - aveva spiegato, - è una scelta che serve se hai bisogno di finanziare dei progetti. Noi abbiamo sviluppato progetti pur rimanendo ben liquidi, abbiamo quasi il problema contrario. Ossia trovare il modo di utilizzare la liquidità. Io, certe volte, mi sento un imprenditore vecchio stampo, di quelli che sono contenti di avere i soldi sotto il materasso. Poi intorno a me ho collaboratori che mi dicono di tenere il 10% sotto il materasso e di investire il 90%, e mi va anche bene». Del resto, un’altra anomalia che Armani aveva portato avanti con forza è sempre stato il fatto di non cedere agli esosi profitti che avrebbe potuto portarsi a casa se avesse venduto ai cugini d’Oltralpe del calibro di Lvmh, Kering o Richemont, i quali l’avevano ingolosito con offerte milionarie:niente da fare.

Nelle ultime settimane “Re Giorgio” aveva deciso di effettuare una sorta di «trasferimento graduale», come lui stesso l’aveva definito in un’intervista al Financial Times. Un modo per organizzare nel migliore dei modi la sua successione nell’azienda da lui fondata il 24 luglio 1975. Proprio per garantire continuità della casa di moda, nel 2016 arrivò la decisione di creare la Fondazione Giorgio Armani, composta da un consiglio fiduciario incaricato di vigilare sull’identità estetica, culturale e imprenditoriale del brand anche dopo la sua dipartita. In seguito a questo, ora i suoi eredi dovranno continuare a perseguire gli obiettivi della maison («creare valore, mantenere i livelli occupazionali, rispettare i valori aziendali») e conservarne lo stile «essenziale, moderno, elegante e non ostentato». Ora, però, un carteggio “segreto” è uscito dal cassetto ed è venuto alla luce, un carta in cui si conferma come lo stilista - che deteneva il 99% del gruppo (lo 0,1 è della Fondazione) con 162 milioni di utile - avesse, ancora una volta, le idee molto chiare.


Una successione «graduale, senza rotture», e che non avrebbe mai avuto un solo unico erede, ma una struttura di continuità, da lui stesso disegnata per garantire l’indipendenza del marchio, come finora è stato. «Ho costruito una specie di struttura, di progetto, di protocollo che dovrebbe essere seguito da chi verrà dopo di me in questa avventura». E così i tre nipoti, la sorella e suo figlio e il suo compagno di vita e di lavoro, tutti loro saranno nel consiglio e avranno azioni del gruppo, secondo il piano conservato da un notaio milanese e visionato dalla agenzia Reuters, che fissa i futuri principi di governance.
Il 50% degli utili netti sarà poi distribuito agli azionisti e ci saranno degli obblighi ben precisi da seguire, tra cui il divieto di quotazione in Borsa per i primi cinque anni e regole rigide per attività di fusioni e acquisizioni. Come già sottolineato, lo stilista non ha inteso lasciare al caso nemmeno il suo inconfondibile stile che dovrà essere perseguito nel tempo. «La mia più grande debolezza? Aver sempre avuto il controllo di tutto» ha ammesso in una recente intervista. Del resto è e sarà per sempre “Re Giorgio”. Inappuntabile, preciso, elegante e perfetto. Con lo stile inimitabile che aveva.