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Diego Bianchi? Mister maglietta che propaganda lo stile-Capalbio

Luca Beatrice
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Tra paradossi illogici e ricette pronte per risolvere i probbbblemi (a questo punto candidatelo), Diego Bianchi in arte Zoro finirà per entrare in uggia anche alla sinistra. Persino lui si è accorto di non poter colpire a senso unico, altrimenti la satira diventa macchietta e allora giù mazzate alla Schlein che in questo periodo proprio non ne ha bisogno. Capisco che il giornalista, l’opinionista, soprattutto se fornito di una certa ambizione intellettuale, deve poter essere libero di dire la sua senza appiattirsi su posizioni di partito o schieramento, eppure Zoro si porta dietro un tono così irritante e saccente che alla fine dispiacerà più a Elly che a Giorgia. D’altra parte, noi di destra, come notò Luigi Mascheroni inserendolo nella brillantissima galleria degli “insopportabili” sul Giornale, appena lo vediamo o ne sentiamo la voce cambiamo subito canale.

L’accento romano del blogger-comico-conduttore si è fatto ancor più marcato con l’età, tanto da diventare uno di quei personaggi come li interpretava Rodolfo Laganà nello show teatrale Raccordo anulare, sinistro di pensiero e militanza ma pur sempre coatto. Nessuno lo ha mai visto indossare una camicia, che per l’uomo dovrebbe essere d’obbligo in certe circostanze pubbliche, per esempio in tv. A Zoro piacciono le magliette nere che gli strizzano il torace, non ho un gran fisico ma faccio palestra, lo stile è quello di un personal trainer alla Virgin, il risultato meno. Ogni tshirt, ne avrà una collezione sterminata, è utile anche per portare avanti un messaggio di natura politica, in favore delle Ong, in sostegno a Mimmo Lucano o con un bel disegno di street art che ricorda gli atti vandalici sui monumenti.

A Diego Bianchi piace sempre e comunque risultare impopolare, persino con la segretaria del Pd: dice che è fuori dal mondo, che si ferma alla ZTL, che la sua politica non fa agenda e forse ha anche ragione. Eppure, tipi così, lei e lui, li trovi ogni estate in vacanza a Capalbio, cenano insieme, vanno alle feste, chi si somiglia si piglia e di litigare fanno finta. La questione dei migranti è sempre stata un cruccio per Zoro: ha ripetuto più volte la scemenza che gli scafisti in fondo sarebbero dei poveracci, dei taxisti del mare e nulla più. Si tratti invece di delinquenti, mercanti di morte, non ci pensa neppure. Lui, che a Lampedusa è stato più volte a girare i servizi per il suo programma Propaganda Live, questo problema dei migranti o profughi non lo vede, lo ritiene inesistente o comunque ingigantito dalla (questa si) propaganda dei media e della politica. Di ciò che succede laggiù non riesce o non vuole rendersi conto, come se davvero il problema non esistesse e i numeri riportati ogni giorno non denunciassero una situazione ormai al limite dell’esplosione sociale.

PERPLESSITÀ
L’ultima che ha detto, lasciando perplessa persino una radical chic come Lilly Gruber, «sogno un governo che vanti gli arrivi». Ovvero, i migranti sono una risorsa e non un problema e dunque bisogna aprire loro le porte con gli onori del caso. Benvenuti in Italia, visto che in Europa non vi vuole nessuno. Tra le tante affermazioni stonate a proposito di un dramma sociale, da un lato chiunque vorrebbe salvare le vite di disgraziati, da un altro non si può negare che ormai si tratta di un’invasione con rischi e pericoli sempre più grandi, questa le batte tutte. Anche io ho un sogno: che Zoro, i suoi amici della Roma bene, di San Giovanni popolare quando vi nacque, oggi snob come Prati e Parioli, quelli che parlano come lui ripetendo sciocchezze senza senso, si mettessero a disposizione per accogliere quanta più gente possibile e invece probabilmente la schifano, come schifano la povertà. Parlare del popolo tenendolo debitamente a distanza, questa la lezione di Zoro e C. Da tempo mi interrogo sul perché considero Diego Bianchi in arte Zoro il più antipatico degli antipatici.

Che cosa detesto di lui? Le tshirt strette l’ho già detto, poi c’è la voce la, l’orecchino bo sinistro, ganza, la gevolgare e svacdine a far comugarrusul lol’inelestualità cata, l’abitunella con i suoi pensando che gli altri invece siano sempre dei cretini. Ribadisco ciò che scrissi poco più di un anno fa su queste stesse colonne: con Zoro, con ciò che rappresenta, con i suoi fan, il suo pubblico, la sua ggggente, non c’è e non ci può essere dialogo. Altri di sinistra mi divertono molto, li ascolto volentieri e passerei volentieri del tempo a discutere, se è il caso ad azzuffarmi. Con lui no, scatta un’irritazione epidermica che me lo impedisce, un astio conclamato. Ogni giorno mi sforzo di essere l’esatto contrario di ciò che è lui: giacca, camicia, in ordine, evitare espressioni dialettali, parlare un italiano corretto, cercare di non dire fregnacce.

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