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Telefonata Berlusconi-Monti:la giustizia va cambiata

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Il Cav si lamenta per l'abuso delle intercettazioni. E avverte il ministro Severino: "No alla fiducia sulla riforma"

Matteo Legnani
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Si sono sentiti al cellulare un po' di giorni fa. E non è poi una gran notizia, questa. Perché tra Mario Monti e Silvio Berlusconi c'è una consolidata consuetudine telefonica. L'occasione stavolta è stato lo scambio di auguri per Ferragosto. Ma i due, liquidati rapidamente i convenevoli, hanno avuto l'opportunità anche per mettere in fila le priorità del governo alla ripresa autunnale dei lavori parlamentari. Il Cavaliere ha trovato «grande attenzione» da parte del presidente del Consiglio a proposito di un tema sul quale, fino a pochi mesi fa, disquisiva da solo: le intercettazioni. I due hanno concordato di collocare l'argomento in cima all'agenda governativa, insieme ai provvedimenti di natura economica che l'esecutivo ha in progetto di qui alla fine della legislatura.  "Ora che anche altri stanno sperimentando il tritacarne giudiziario, c'è molta più sensibilità sull'argomento», ha commentato Silvio con i suoi. E per “altri”, l'ex premier fa esplicito riferimento al Quirinale. No, al Cavaliere non va di polemizzare sui suoi pregressi e inascoltati appelli a ristabilire l'equilibrio tra poteri dello Stato, equilibrio rotto dal debordare di alcuni giudici. No: "Adesso l'importante è che il problema si risolva, che si faccia qualcosa per fermare la vergogna italiana delle intercettazioni".  Fidarsi? Berlusconi sa che Monti è uomo di parola, però osserva con preoccupazione "l'aggressione" che sta subendo il capo del governo da quando si è esposto contro le toghe: "Ha detto cose di buonsenso e lo stanno crocifiggendo, come succedeva a me". Non a caso ha ordinato ai suoi deputati di prendere le difese del bocconiano: "Io ho spalle forti e ho resistito agli attacchi per vent'anni", ma lui?  L'altra incognita siede in via Arenula. Berlusconi non si fida molto del ministro Paola Severino e sa che il Guardasigilli vuole approdare in Parlamento con un pacchetto “chiuso” comprendente intercettazioni, responsabilità civile dei magistrati e legge anti-corruzione. Tre provvedimenti dai contenuti molto delicati per il Pdl. Tanto che   l'altro giorno Fabrizio Cicchitto ha ammonito il governo: non se ne parla di blindare il tutto con la fiducia, i testi vanno concordati. La materia più delicata è l'anticorruzione.  In primavera fallì il tentativo di abrogare la  concussione (uno dei reati per cui Silvio è imputato nel processo Ruby) per trasformarlo in corruzione o estorsione aggravata. Ora, nel Pdl, si teme una reazione opposta: un rigurgito giustizialista che inguai il Cavaliere. Perciò, insistono gli azzurri, i provvedimenti vanno esaminati bene prima di metterli in votazione. La consolazione di Berlusconi (tornato a Villa Certosa per proseguire le vacanze) è che sull'argomento giustizia ora è il Pd ad andare in affanno. Il dibattito sulle intercettazioni riapre vecchie fratture tra l'ala migliorista - fedele e solidale con Napolitano - e la fronda giacobina che non vuole fornire argomenti a Di Pietro. "Meglio così", ha riflettuto l'ex premier, "almeno gli elettori dell'Udc vedranno con quale sinistra si è andato a legare Casini...".  Nel partito, intanto, la chiacchiera agostana è sui ministri tecnici: candidarli o no? La Russa apre e cita Terzi e Cancellieri come possibili “scelte” del Pdl. Gasparri e Formigoni frenano: se i professori vogliono fare politica, "devono lasciare i ministeri".  di Salvatore Dama  

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