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La tentazione di Napolitano: fregare ancora Bersani

Segretario Pd stufo di aspettare: ora vuole governare. Ma il Colle guarda all'Europa e "tifa" un'altra volta per Monti

Giulio Bucchi
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  Né Silvio Berlusconi né Mario Monti: il vero incubo di Pierluigi Bersani potrebbe essere Giorgio Napolitano. Il presidente della Repubblica ha parlato poco, in questa settimana, ma l'ha fatto per dare messaggi precisi. Domenica scorsa, a poche ore dall'incontro con Monti durante il quale il premier annunciava le proprie dimissioni, avvisò tutti: "Vedremo domani (lunedì, ndr) come reagiranno i mercati". I mercati, per la cronaca, hanno reagito male il primo giorno, assestandosi poi. Questa mattina, incontrando gli ambasciatori per il tradizionale saluto natalizio (l'ultimo del suo mandato al Colle), Napolitano ha aggiunto: "Non ci si lasci allarmare dalle tensioni che hanno investito nei giorni scorsi il governo Monti provocandone le dimissioni. Questo difficile passaggio sarà superato: banco di prova del senso di responsabilità e della vocazione europea di ogni forza politica sarà il non mettere a rischio i progressi conseguiti dall'Italia attraverso sforzi intensi e sacrifici dolorosi". Parole logiche, anche perché seguono il vertice del Ppe di giovedì a Bruxelles, con i leader europei in pressing su Monti perché si candidi premier. Tra domenica e oggi, infatti, c'è stato un evento che Napolitano non ha commentato ma seguito con sollecitazione: la proposta di Berlusconi al prof perché guidi la coalizione dei moderati (con o senza Lega) in alternativa alla sinistra di Bersani e Vendola, apertamente anti-montista. Non una cosa da poco. La mossa di Giorgio - Ex Pci come Bersani, Napolitano non è avverso per filosofia ad un governo di centrosinistra. Ma il suo timore è che il Pd lasci troppo spazio alle tentazioni restauratrici di Nichi Vendola e Sel in materia di lavoro e pensioni, due riforme-chiave del governo tecnico, punti dai quali non si può tornare indietro (salvo sistemare le falle su ricongiungimenti ed esodati). Ecco perché un'ipotesi più rassicurante e benvista in Europa sarebbe senz'altro la permanenza di Monti a Palazzo Chigi, meglio se con una maggioranza politica. Come fare per facilitare la strada al bocconiano? Mario può diventare premier, ma da senatore a vita (l'ha nominato proprio Napolitano, pochi giorni prima l'investitura a premier) non potrebbe essere inserito nelle liste elettorali. Conseguenza: campagna zoppa, con Monti alla finestra in attesa di mettere il cappello sull'eventuale vittoria. Al di là dei sondaggi che per ora non danno un Monti trionfante, resta il fatto che un Monti candidato con nome sul simbolo della coalizione e presenze in tv avrebbe effetto trainante. Per questo, anche per non dare l'impressione di inquinare la contesa, Napolitano potrebbe ritirare la nomina a senatore a vita di Monti, dietro rischiesta del diretto interessato.  Bersani in eterna attesa - Un anno fa il Partito democratico accettò di non andare al voto subito, un po' per senso di responsabilità un po' per impreparazione. Oggi sta meglio, i sondaggi lo danno sopra il 30%, salvo sorprese sarà il primo partito d'Italia anche se Berlusconi crede ancora nel sorpassone. Eppure il fantasma di Monti è ancora lì, ad aleggiare sul segretario. Che dal 2009 ha vinto, in un modo o nell'altro, tutte le sfide: è diventato segretario del partito, ha avuto successo alle Amministrative del 2011 e alle Regionali del 2012, ha portato il Pd ad un livello accettabile e, ultima prova di forza, ha superato il rottamatore Matteo Renzi nelle primarie con ampio margine. Adesso, sostiene Bersani, è arrivato il momento di governare. Per farlo è disposto anche ad "aprire al centro", tanto da dire che "se sarò eletto premier, la prima persona che consulterò sarà Monti". Detta così, sembra quasi uno scongiuro.   

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