Ncd, sfida ad Angelino Alfano: senza poltrone il partito si spacca
La lettera c'è, e non sono nemmeno poche le firme in calce. Solo che i maldipancia interni al Ncd dovevano restare segreti, anche per le intese degli stessi che hanno voluto inviare ad Angelino Alfano il contenuto del loro malessere per quello che è avvenuto negli ultimi tempi. Dopo la fuga di notizie di ieri, l'ufficio stampa del Nuovo Centrodestra ha provato ad ironizzare: «Ad Alfano non è arrivata alcuna lettera, e sicuramente non si è trattato di un ritardo del postino». Uno dei presunti firmatari, Roberto Formigoni, ex presidente della Regione Lombardia, prova a minimizzare: «Siamo all'inizio di una campagna elettorale decisiva per Ncd, possiamo e dobbiamo essere uniti e forti, il dibattito interno serve per rafforzare il partito, non per indebolirlo». Però coglie l'occasione per buttarla lì: «Anche in questi giorni si è discusso molto, almeno nel gruppo Ncd del Senato, sul modo di migliorare la partecipazione di tutti alle decisioni del partito, di affrontare i numerosi problemi che esistono con scelte condivise, a partire dalla composizione delle liste elettorali». In pubblico è così, come avveniva nella vecchia Dc. Ma basta garantire l'anonimato, che le lingue si sciolgono. Quelle dei maldipancisti: «Certo», dice uno di loro, «in questo partito viene deciso tutto da tre o quattro in gran segreto. Siamo andati via da altri perchè non se non eri nel cerchio magico non sapevi mai nulla. Ci avevano garantito maggiore collegialità, più democrazia. L'hanno interpretata a modo loro: hanno lasciato aperti i microfoni a tutti durante la tre giorni dell'Assemblea costituente, tanto non si decideva nulla e non ti ascoltava nessuno. Poi il cerchio magico e forse nemmeno quello ha preso le decisioni che contano. Dalle liste elettorali, alle nomine interne, alle nomine del governo...». Le nomine del governo? «Beh, la storia dei due amichetti siciliani infilati nei consigli di amministrazione delle grandi società di Stato...». Dal fronte del cerchio magico stesso schema: ufficialmente nessuno parla. Ma con la garanzia dell'anonimato, ecco uscire la reazione: «Noi che implodiamo? Beh, se uno come Paolo Naccarato ci lascia non mi sembra una implosione, ma una liberazione... Vero che sono arrivati qui tanti con appetito lungo. Ma aspettiamo le elezioni, fateci prendere l'8 per cento e poi facciamo una bella pulizia al nostro interno...». Signori, il clima è questo, e non negli ultimi giorni di Pompei della vecchia Dc o di Forza Italia, dove le satrapie e i contrasti hanno alle spalle lustri. No, in Ncd, un partito che manco ha passato i nove mesi di gestazione e sta per scoppiare proprio alla vigilia della sua prima prova con le urne. Eppure sarebbe bastato farsi un giretto alla Fiera di Roma lo scorso week end proprio all'Assemblea costituente del Nuovo Centrodestra per intuire quel destino. C'erano più spifferi che all'epoca d'oro delle correnti democristiane. Di più: una sfilata di clan. Il clan dei siciliani legati ad Alfano. Quello dei siciliani che agli alfaniani farebbero volentieri le scarpe. Il clan dei calabresi, e lì sono truppe grosse che dettano legge, tutti legati rigorosamente a Giuseppe Scopelliti. I mille clan dei romani, ognuno con il suo leader di riferimento. Il clan dei piemontesi, quello dei campani di rito Gioacchino Alfano e dei campani di rito Nunzia De Girolamo, e via discorrendo. Del Nuovo Centrodestra si conosce bene il cerchio magico, un po' meno quel che mano mano dal territorio è arivato. Chiunque si sentisse ormai in pensione nel Pdl-Forza Italia, chiunque si trovasse lì in minoranza, ha preso su armi e bagagli traslocando in casa Alfano. C'è un po' di tutto: radicali come Marco Taradash, socialisti come Fabrizio Cicchitto e Francesco Colucci, politici nati in Cl come Formigoni, Maurizio Lupi, Raffaello Vignali, Gabriele Toccafondi e tanti altri (è restato fuori solo Mario Mauro), ex missini come Filippo Berselli. Una macedonia che alla fine fu il limite del Pdl, e che in ogni caso richiede grandi numeri per potere stare insieme, percentuali a due cifre, consigli comunali conquistati, maggioranze non solo nazionali. Hanno fatto la loro quelli che la poltrona ce l'avevano già, bella calda: senatori, deputati, europarlamentari. Ma sono arrivati lì anche quelli che cercano di riottenerla o di riaverla indietro più facilmente di quel che sarebbe capitato restando nel partito di provenienza. Vedi lì l'ex potente andreottiano Vito Bonsignore, l'ex senatore umbro Franco Asciutti, l'ex leader dei democristiani di destra Mario Baccini, l'ex pupilla romana di Gianni Alemanno, Sveva Belviso, l'ex consigliere regionale campano Pasquale D'Acunzi, e poi i laziali Vincenzo Piso, i tre Alfredi: Alfredo Pallone, Alfredo Antoniozzi, Alfredo Milione (quello che non presentò le firme Pdl alle regionali del Lazio 2010 rischiando di fare perdere Renata Polverini), l'ex eurodeputato Stefano Zappalà, l'ex presidente del Consiglio comunale di Roma Mario Pomarici, e tanti altri. Pensi che siano lì per recitare una preghierina, per sventolare una bandiera ideale? No, sono lì nella speranza che ci possa essere gloria per tutti. Ma per dare risposta a questa aspirazione ci vorrebbero più poltrone dei voti finora accreditati, e l'equazione sembra davvero difficile. Per soddisfare quelli che malignamente si potrebbero chiamare appetiti e all'interno del Ncd si chiamano “legittime aspirazioni”, ci vorrebbero numeri a doppia cifra, e non è davvero aria. Con i numeri accreditati dai sondaggi alle europee non si riuscirebbe a confermare nemmeno la metà delle poltrone di partenza, che mica sono poche: 31 senatori, 27 deputati, 7 eurodeputati, e poi ancora 6 sottosegretari e 3 ministri... Bisognerebbe assorbire tutta Forza Italia per potere dare risposta ad appetiti così... di Franco Bechis