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Unione europea, depositato in Cassazione un referendum contro il Fiscal compact e l'austerity

Giulio Bucchi
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Un referendum contro Angela Merkel e la legge del rigore che domina l'Unione europea. Non è fanta-politica ma realtà, almeno a spulciare la proposta di voto popolare depositata in Corte di Cassazione contro l'austerity e il fiscal compact che ha come obiettivo l'abrogazione della legge 243 del 2012. Quella, appunto, che ha ratificato e attuato l'introduzione in Costituzione del tanto criticato "pareggio del bilancio". E non solo. Approvato il 2 marzo 2012 da 25 dei 27 stati membri dell'Unione europea (hanno detto no Regno Unito e Repubblica Ceca), come ricorda il sito QuiFinanza.it il patto prevede anche il non superamento della soglia di deficit strutturale superiore allo 0,5% del Pil (1% per i paesi con debito pubblico inferiore al 60% del prodotto interno lordo), la riduzione del rapporto fra debito pubblico e Pil, pari ogni anno a un ventesimo della parte eccedente il 60% del Pil e l'impegno a coordinare i piani di emissione del debito con il Consiglio dell'Unione e la Commissione europea. Praticamente, una mannaia per quei Paesi con i conti a rischio, come l'Italia. "Il rigore non ci fa crescere" - "Il Fiscal Compact rischia di rivelarsi deleterio per la ripresa - spiega sul sito EconomiaPolitica Riccardo Realfonzo, professore di economia all'Università del Sannio e tra i promotori del referendum -.Costringerebbe infatti il governo italiano a praticare ulteriori drastiche politiche di austerità, per i prossimi due decenni. Si tratta di impegni che tecnicamente non possono essere rispettati, a meno di volere trascinare il Paese in una prolungata recessione dagli effetti sociali devastanti". "In Italia - aggiunge Realfonzo -, a causa della risposta sbagliata alla crisi, il Pil resta oggi a un livello del 9% più basso rispetto allo scoppio della crisi e la disoccupazione è più che raddoppiata, passando da 1,5 a 3,1 milioni". "Prima gli aiuti, poi le riforme" - Il responsabile del comitato Gustavo Piga, sul Garantista, rincara la dose, puntando il dito contro la strategia fallimentare di Ue e Bce, che promettono aiuti economici solo in cambio di "riforme ben avviate". Invertendo, di fatto, una sequenza logica in un momento di crisi profonda: "Il timing strategico del cambiamento in Europa deve essere rovesciato: prima si interviene a sostegno di chi soffre, riportando il sereno nei Paesi in difficoltà, e prima si rivelerà semplice e fruttuoso il cammino delle riforme. Al Whatever it takes di Mario Draghi, frase celebre per indicare che si farà tutto quanto il necessario per non affondare, deve ora seguire una nuova fase, quella del Wherever it aches, del sostegno dovunque ci sia sofferenza. Per intervenire ovunque vi sia sofferenza c'è bisogno di rimuovere il tappo principale all'avvio di una fase di aiuto concreto alle economie in maggiore difficoltà come l'Italia". Il guaio, sottolinea il professore, è che l'Europa si è dotata di un pilota automatico chiamato Fiscal Compact, ovvero più tasse e minore spesa pubblica anche a forza di tagli lineari, dolorosissisimi. "E evidente che nell'attuale turbolenza l'aereo europeo rischia di schiantarsi contro la montagna. A meno che non si ridiano le leve del comando al pilota. Il che significa permettere ad ogni Paese membro dell'area euro di adeguare la sua rotta tramite la moratoria a monte sulle riduzioni acritiche di debito e deficit che impone il Fiscal Compact".

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