Manovra, tutte le tasse nascoste di Matteo Renzi
Sette giorni fa era da 22 miliardi di euro. Alla vigilia del consiglio dei ministri sulla legge di stabilità era salita a 30 miliardi di euro. Ieri sera alle 22 a palazzo Chigi il conto finale è salito a 36 miliardi di euro. Matteo Renzi ha ovviamente battuto il tasto delle tasse tolte, che in realtà sono assai meno di quelle annunciate alla vigilia: per il bonus sugli 80 euro che proroga quello esistente invece dei 10 miliardi previsti ce ne saranno solo 9,5 (e non saranno più un aumento di stipendio, ma una maggiore detrazione tolta dalle tasse dovute). Di sconto Irap erano annunciati 6,5 miliardi di euro, e invece nel 2015 ce ne saranno 1,5 di meno: in tutto 5, e lì sono ricompresi anche i 2 miliardi di sconto che erano contenuti nel decreto sugli 80 euro. I tagli di spesa sono 15 miliardi, e non i 16 annunciati alla vigilia, e al loro interno è nascosta una trappola che è destinata a fare aumentare le tasse ai cittadini: alle Regioni ad esempio sono stati tagliati 4 miliardi di trasferimenti. Dopo il consiglio dei ministri un giornalista ha chiesto durante la conferenza stampa: «Le Regioni dicono di non poterli sopportare, e che quindi dovranno mettere nuove tasse per coprire quei 4 miliardi di lire. Sarà così?». Renzi non ha risposto, scaricando la palla sul ministro dell'Economia, Pier Carlo Padoan, che ha raggelato con la sua risposta i cittadini italiani: «Non lo so. Hanno la possibilità di aumentare le tasse, e se lo fanno è una cosa buona, che finalmente chiarisce che cosa è il federalismo fiscale e di chi è la responsabilità dell'aumento della pressione fiscale». A Renzi è venuto un mezzo coccolone: era come dire che dei 9,5 miliardi di bonus da 80 euro quasi la metà se ne andava via. Forse anche più della metà, perché la domanda riguardava le regioni, ma anche i comuni e le province potrebbero recuperare i tagli fatti dalla spending review (più di 2 miliardi) con analogo aumento della pressione fiscale locale. Già non aveva funzionato il bonus da 80 euro nel 2014, figurarsi se nel 2015 40 euro al mese verranno già sicuramente riassorbiti dalla maggiore tassazione locale rispetto all'anno in corso. Così il premier ha ripreso il microfono e provato a mitigare l'effetto della assai impolitica sincerità di Padoan: «Io non credo che un grande riformista come il presidente delle Regioni, Sergio Chiamparino, decida di aumentare le tasse locali per compensare i tagli. In ogni caso i cittadini sanno che se viene aumentato questo o quel tributo locale, quel sindaco o quel presidente di Regione deve anche dimostrare di dare una migliore qualità di servizi. E poi giudicano. E sanno che questa tassa l'ha messa il sindaco, e questa il presidente del Consiglio o quello delle Regioni». Nonostante il tentativo di correzione, la sincerità di Padoan deve essere assai più vicina a quello che davvero accadrà. Bene sapere quindi che in tasca effettivamente gli 80 euro del 2014 diventeranno 40 euro reali nel 2015, dimezzati. E qualche altro se ne andrà perché nella manovra ci sono molte altre tasse. Nella tabella sulle entrate infatti ci sono 3,6 miliardi di euro dalla tassazione delle rendite finanziarie. Di questi 2,4 erano già previsti per l'aumento delle aliquote al 26% scattate dallo scorso primo luglio (il governo ora li calcola così, ma all'epoca aveva previsto un incasso annuo di 2,6 miliardi di euro). In più c'è 1,2 miliardi di euro di nuove tasse. Alcune di queste riguarderanno le imprese (300 milioni di euro di maggiore tassazione sulle rivalutazioni), altre le banche (450 milioni di euro dalla tassazione delle fondazioni bancarie), ma i restanti 450 milioni di euro li pagheranno i cittadini attraverso l'aumento del prelievo sui fondi pensione obbligatori, la cui tassazione passa dall'11 al 12,5% perdendo ogni agevolazione. In tabella c'è anche una agevolazione fiscale da 800 milioni di euro per le partite Iva. Si tratta però di un costo netto, perché sparisce contemporaneamente l'agevolazione introdotta nel 2011 per i contribuenti minimi, che erano tassati al 5% fino a 30 mila euro lordi. Era una norma prevista per i giovani sotto i 35 anni che non avevano mai aperto una partita Iva. Ora la tassazione passa al 15%, ma viene estesa a tutti fino a 50- 55 mila euro a seconda dei settori, con un regime particolarmente agevolato e forfettario al di sotto dei 15 mila euro. Si allarga la platea, ma per quelli che avevano quel vantaggio prima, si tratta di una tassa triplicata. di Franco Bechis