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Quirinale, i "101" di Matteo Renzi: quell'asse che può impallinare il premier

Gian Marco Crevatin
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Che il Patto del Nazareno scricchioli non è cosa nuova. Che all'interno del democratici e di Forza Italia navighino a vista due minoranze assai battagliere nemmeno. E dunque il fatto che un'ipotetica alleanza tra le due fazioni possa, per ipotesi, non solo sabotare il patto siglato fra Matteo Renzi e Silvio Berlusconi, ma la prossima elezione del Capo dello Stato, è un'eventualità nemmeno troppo lontana. Un'eventualità che si basa su alcuni semplici calcoli matematici (e su un precedente neppure troppo lontano).  L'asse del Nazareno - A gennaio o febbraio del prossimo anno, quando si dovrà eleggere il successore di Giorgio Napolitano, gli elettori totali saranno 1.008 (o 1.009 se dovesse votare anche lo stesso Napolitano, ma non voterà). La chiacchierata bipartisan tra democrat e forzisti, pallottolliere alla mano, ha a disposizione ben 594 voti, che è il risultato spiccio della somma tra i 451 elettori del Partito Democratico e i 143 di Forza Italia. Ora, per eleggere il capo dello Stato servirebbero i due terzi dell'aula in seduta comune (672 preferenze), un quorum che difficilmente si raggiungerà, ma dopo il quarto scrutinio basterà la maggioranza assoluta che si attesta attorno ai 505 votanti. In questo senso i 594 "nazareni" basterebbero eccome. La strana alleanza - E' un fatto però che il Pd goda di una nutrita minoranza interna che qualche gola profonda in salsa dem stima attorno ai 70 rappresentati fra Camera e Senato. All'ala dei dissidenti Pd andrebbero aggiunti i 30/40 seguaci di Raffaele Fitto all'interno di Forza Italia, che come nota accuratamente Ettore Maria Colombo su Qn di lunedì 1 dicembre è "talmente anti-Cav da essere pronto a votare anche Prodi se promette di non sciogliere le Camere". Paradossalmente, ma nemmeno troppo, fittiani e minoranza Pd raggiungerebbero, a rimanere cauti almeno 100 parlamentari. Il precedente - Una cifra, quel cento, sinistramente simile a quella passata alla storia politica di questo Paese: i "101", ossia i franchi tiratori che quella sera del 19 aprile 2013, al quarto scrutinio, umiliarono Romano Prodi e, di fatto, archiviarono la segreteria di Pierluigi Bersani. Mordatella, all'epoca, ottenne solo 395 voti, ben 101 in meno rispetto ai 496 grandi elettori del centrosinistra che al mattino si erano schierati all'unanimità per la sua candidatura a presidente della Repubblica. Ed è ben chiaro che, anche stavolta, anche tra poche settimane, con meno di 500 elettori (594 potenziali dell'asse Berlsuconi-Renzi, meno i 100 o poco più dei fittiani e radicali dem) il rischio è che non si vada nessuna parte, ossia che non si riesca ad eleggere il presidente della Repubblica. E le conseguenze politiche, per il premier Renzi, potrebbero essere parecchio gravi.

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