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Italicum, Renzi divide i ribelli e vince (per ora): ecco come mezzo Pd può metterlo nei guai

Giulio Bucchi
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Alla fine dello psicodramma Pd, dopo una notte di tormenti, il verdetto è quasi emesso: ha vinto ancora una volta Matteo Renzi. La riunione del gruppo dei deputati è finita malissimo, con 120 dei "dissidenti" del Pd che lasciano la sala voltando letteralmente le spalle al premier segretario. Eppure, la linea dura del fiorentino ha avuto la meglio perché ha costretto le varie anime degli oppositori interni ad esporsi. E loro hanno preferito nascondersi in strada, senza votare no all'Italicum. Una astensione molto scenografica, che certo rivela la frattura forse insanabile dentro al partito, come sottolineato da Stefano D'Attorre, tra i più agguerriti anti-renziani, ma che allo stesso tempo condanna gli stessi anti-renziani ad abbassare il capo. A meno che in Parlamento non trovino davvero la forza e il coraggio di mandare a casa il governo perché, lo spiegava Renzi, la vita dell'esecutivo dipende dalla legge elettorale e viceversa.  Guerra in Commissione - Al momento, però, sembra che i dissidenti possano andare ognuno per la propria strada, perché solo una quarantina potrebbero davvero andare fino in fondo votando no all'Italicum a Montecitorio. In generale, i duri e puri rispondono ai nomi di Pier Luigi Bersani, Pippo Civati, Gianni Cuperlo, Cesare Damiano, D'Attorre, Stefano Fassina, Rosy Bindi. Ma la partita si giocherà prima di tutto nella Commissione Affari costituzionali e qui le loro strade si dividono. Bersani ha già detto che se Renzi vorrà lui si farà da parte, la Bindi invece dichiara guerra e annuncia la presentazione dei suoi emendamenti al testo della legge elettorale. Cuperlo farà lo stesso. L'addio di Speranza - Area riformista? I "dialoganti" non sono riusciti a ricucire e alla fine si allineeranno con il diktat di Renzi, con o senza fiducia sul testo. Certo, il "collante" tra le anime del partito, il bersaniano Roberto Speranza, è caduto sul fronte. O meglio, la decisione di dimettersi da capogruppo alla Camera nasconde forse la volontà del giovane dem di diventare leader a tutti gli effetti della minoranza. "Era impossibile per me continuare a guidare una nave di cui non condivido la rotta", ha commentato. Anche perché al timone c'è sempre stato il solo Renzi. Per ora ha evitato ogni iceberg. Entro il mese si capirà se anche stavolta i "ribelli" si scioglieranno, perché schiantarsi sull'Italicum non conviene a nessuno, ma a loro meno di tutti. di Claudio Brigliadori @piadinamilanese

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