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Dalle Elezioni regionali per Matteo Renzi l'incubo dell'Italicum: così il Pd potrebbe perdere al voto (nel 2016?)

Andrea Tempestini
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"Vinciamo 'ste cazzo di Regionali, e poi torniamo a lavorare". Parole e musica di Matteo Renzi, almeno secondo quanto riportato dal Corriere della Sera. Uno sfogo raccolto alla vigilia del voto, alla vigilia di un voto che allunga parecchie ombre sul premier: sono lontani, già molto lontani, i tempi del 40% alle Europee. Renzi, rompendo il silenzio elettorale, aveva detto, quasi a mettere le mani avanti, che quello delle Regionali "non era un voto su di lui", sul suo governo. Eppure è impensabile non scorgere dall'esito delle elezioni un messaggio diretto a Palazzo Chigi, oggi (molto) meno legittimato ad operare rispetto a quanto poteva esserlo dopo il voto alle Europee che, di Renzi, è stato probabilmente il punto più brillante della sua parabola politica. Arma Italicum - Ora gli occhi sono rivolti al futuro. E la preoccupazione, tanto nel Nazareno quanto a Palazzo Chigi, è destinata a salire. Il premier conta di recuperare consenso portando avanti le riforme in Parlamento e risolvendo parte dei problemi con la minoranza del Pd. Ma non è tutto così scontato: la minoranza è agguerrita, il sostegno al governo di Ncd, nel day-after del voto, sembra meno scontato. Il piano-Renzi, dunque, potrebbe non essere attuato. E si potrebbe tornare al voto prima del previsto, magari già il prossimo anno. Un voto che potrebbe riservare amarissime sorprese al premier, che ha costruito l'arma con cui il Pd potrebbe finire ko: l'Italicum. Un'arma, l'Italicum, che per inciso potrebbe rivelarsi letale per l'Uomo da Rignano sull'Arno anche nel caso in cui la legislatura arrivasse a termine e si tornasse alle urne nel 2018. Asse di governo? - Il punto è che la riforma elettorale "made in Renzi", come è noto, prevede un premio di maggioranza alla lista che supera il 40% dei voti o il ballottaggio tra i due partiti più votati se nessuno supera la fatidica soglia. E, oggi, il Pd non pare affatto in grado di mietere il numero sufficiente di consensi per imporsi al primo turno elettorale. Sarebbe dunque ballottaggio. E, stando alle indicazioni emerse dalle regionali, sarebbe ballottaggio con il Movimento 5 Stelle (ma occhio alla Lega Nord di Matteo Salvini, che continua nella sua mirabolante ascesa e potrebbe "soffiare" la seconda posizione ai grillini). Il punto è che Lega e M5s, due forze anti-sistema, hanno nei loro programmi molti più punti comuni che divergenze: si pensi alla lotta anti-europeista, alle posizioni sull'immigrazione, su pensioni e lavoro, allo spirito anti-Casta. Se i due partiti, dunque, decidessero di sfruttare insieme i meccanismi dell'Italicum, se ovvero decidessero, in caso di ballottaggio, di convogliare i propri voti verso l'altro partito, Renzi e il Pd rischierebbero grosso, anzi grossissimo. Certo, il M5s ad oggi ha sempre rifiutato ogni tipo di alleanza. Ma di fronte alla prospettiva, concreta, di poter governare, le carte in tavola potrebbero cambiare.

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