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Maurizio Belpietro, una democrazia rottamata ai tempi di Matteo Renzi

Maurizio Belpietro

Giovanni Ruggiero
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Lo so, della riforma del Senato non importa un fico secco a nessuno. Gli italiani hanno altri problemi: il lavoro, le tasse, la paura degli stranieri. Figurarsi se hanno tempo da perdere con il futuro della Camera Alta, ossia del doppione della Camera Bassa. A lungo hanno sognato che si sfoltissero i costi della politica, intravedendo nei vari palazzi del potere uno spreco di denaro pubblico. Dunque, all'idea che si riduca il numero dei senatori, non li si paghi più e alla fine si risparmi e si cambi qualcosa nell'acqua stagnante della politica italiana non possono che essere favorevoli. Certo, forse anche loro preferirebbero che Palazzo Madama fosse chiuso e trasformato in un museo, come ha minacciato il presidente del Consiglio, ma chi non segue quotidianamente la politica e non ha esperienza di costituzione in fondo pensa che ridurre sia sempre meglio che conservare. Se prima si pagava lo stipendio a trecento sfaccendati e a tutti i funzionari, adesso non si pagherà più nulla e di funzionari ce ne saranno meno. O al meno questo è quanto spera l'opinione pubblica, che dunque non può che essere moderatamente favorevole alla riforma di Matteo Renzi. Tutto bene dunque? Niente affatto. E non tanto perché mi dispiaccia l'idea di 100 senatori non eletti dal popolo e senza stipendio, ma perché l'insieme del progetto è un passo avanti verso uno stravolgimento della Costituzione e mette il potere nelle mani di un solo uomo. Immagino l'obiezione: ma come, da anni scrivi che la Costituzione va cambiata e che bisogna sveltire il processo decisionale perché il Paese non può pagare i ritardi della politica e quando Matteo Renzi mette mano alla riforma dici che non ti piace? Qui il problema non è se la riforma piace o non piace. Certo è più brutta di quella che anni fa aveva disegnato il centrodestra e il centrosinistra riuscì a far cancellare rimbambendo con parole false gli italiani. Tuttavia, oltre a essere brutta, la riforma del presidente del Consiglio è pericolosa, perché consegna ogni potere nelle sue mani, ossia nella disponibilità di un signore che in appena un anno e mezzo ha già dimostrato di avere una straordinaria propensione ad occupare quanto c'è da occupare e a gestirlo con eccezionale disinvoltura. Renzi non è un padre costituente, o ricostituente come lo chiama Marco Travaglio, è un rottamatore e sta rottamando chiunque gli si opponga lungo la strada. Questo potrà far piacere a chi ritiene che il percorso del rinnovamento sia ingombro di vecchi arnesi e molte carcasse della prima e della seconda Repubblica, ma dovrebbe preoccupare chiunque al contrario ritiene che nessuno, neanche Renzi, possa detenere il primato della verità. Nel passato, quando Berlusconi era a Palazzo Chigi, a sinistra si è sempre evocato il pericolo del regime. Ma al confronto di Renzi, Berlusconi è stato sempre un dilettante e i suoi tentativi di piegare i pm, il parlamento o la stampa, si sono sempre rivelati maldestri e inutili. L'ex Cavaliere provava a scalfire il potere della magistratura, delle lobby e dell'informazione, ma senza alcun successo. Al contrario, l'attuale presidente del Consiglio si è subito rivelato un professionista, mettendo al guinzaglio tutti o quasi tutti e la prima a farne le spese è proprio quella sinistra politico-giornalistico-giudiziaria che ai tempi di Berlusconi lanciava quotidiani allarmi. Le ultime notizie dicono che presto il governo espugnerà il fortino del Tg3, poi verrà quello dei giudici, infine ciò che resta della stessa sinistra e del sindacato. Di tutto ciò, essendo sempre stato fiero avversario del circo mediatico-manettaro e della parte più ideologica del paese, dovrei essere contento, perché Renzi fa quello che Berlusconi avrebbe voluto ma non gli fecero fare. E invece no. Invece guardo con preoccupazione la rottamazione di ogni sistema di contrappeso, perché penso che Renzi non stia sostituendo una classe dirigente vecchia e logora con una classe dirigente moderna e efficiente. Renzi sta solo sostituendo una classe dirigenta con se stesso. Non gioisco se rottama la sinistra, perché penso che poi rottamerà - se non si rottama da sola - la destra. Il nostro presidente del Consiglio è semplicemente allergico all'opposizione e alle critiche. Gli vanno bene solo quando gli fanno solletico. Per lui il confronto è un fastidio, la dinamica della democrazia una perdita di tempo e dunque per raggiungere il suo scopo non esita a intimare al presidente del Senato di spazzar via ogni emendamento alla sua riforma. Del resto, vista la situazione, non ha nulla da temere. Non dall'opposizione, ma neanche dal Colle, ormai abitato solo dagli sprettri. Insomma, in cambio di un po' di spiccioli risparmiati sul Senato, ci tocca un fantasma di democrazia. Maurizio Belpietro [email protected] @BelpietroTweet

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