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Nella riforma, il "favore" a Giorgio Napolitano: abolito il Senato, non i suoi privilegi

Andrea Tempestini
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La chiave, suggeriscono le malelingue, sta nell'articolo 40 della riforma. La «riforma del presidente», come è stata soprannominata dal momento in cui il disegno di legge Boschi sul «superamento del bicameralismo paritario» ha mosso i primi passi in Parlamento. A spingere il provvedimento, con Enrico Letta (prima) e Matteo Renzi (poi), è sempre stato lui: Giorgio Napolitano. Il presidente emerito della Repubblica l'ha anche rivendicato, in Aula, nel suo intervento dell'altro ieri. Un sostegno tutt'altro che disinteressato, accusa il leghista Roberto Calderoli. Perché nel disegno di legge Boschi, «guarda caso, c'è una norma dedicata proprio a lui...». A Napolitano in qualità di senatore a vita. Articolo 40: «Disposizioni finali». Quinto comma. «Fermo restando quanto stabilito dall'articolo 59, primo comma, della Costituzione...». Il riferimento è alla norma della Carta che disciplina la figura dei senatori «di diritto e a vita», ovvero gli ex presidenti della Repubblica. Traduzione: il ruolo di Napolitano, ma anche di Carlo Azeglio Ciampi e, in futuro, di Sergio Mattarella, non lo tocca nessuno. Tutto resterà come è adesso. Vecchio o nuovo Senato che sia. Ma non è tutto. Il provvedimento che porta la firma di Maria Elena Boschi, infatti, nello stesso articolo 40 specifica meglio la portata del richiamo alla Costituzione. Basta scorrere qualche riga del comma incriminato e si trova la «norma» cui allude Calderoli. «Lo stato e le prerogative dei senatori di diritto e a vita restano regolati secondo le disposizioni già vigenti alla data di entrata in vigore della presente legge costituzionale». Nuova traduzione: mentre i futuri senatori dovranno fare i conti con i tagli e i risparmi previsti dalla riforma (i nuovi inquilini di Palazzo Madama non percepiranno indennità), gli ex presidenti della Repubblica continueranno a godere delle stesse indennità e degli analoghi benefit cui possono contare oggi. Una norma «fatta apposta per salvaguardare i privilegi dei senatori a vita», l'ha bollata Calderoli. L'indennità, dunque. Un ex Capo dello Stato, tra stipendio, diaria, supporto per i collaboratori e rimborso forfettario per le spese generali, arriva a incassare fino a 15mila euro netti al mese. Poi ci sono gli uffici, molto più grandi rispetto a quelli dei loro colleghi di Palazzo Madama. Napolitano continuerà a occupare oltre cento metri quadrati, con annessa terrazza affacciata su Sant'Ivo alla Sapienza, al quarto piano di Palazzo Giustiniani, l'edificio riservato agli uffici di rappresentanza della presidenza del Senato, dei presidenti emeriti di Palazzo Madama e, appunto, degli ex presidenti della Repubblica. Napolitano dal momento delle sue dimissioni occupa gli stessi spazi che utilizzava uno dei suoi predecessori, Oscar Luigi Scalfaro. Poi c'è lo staff. Un organico di decine di persone che comprende segreteria, consigliere (Carlo Guelfi), guardarobiere, portavoce (Giovanni Matteoli), assistente-inserviente, un capo ufficio, tre funzionari, due addetti ai lavori esecutivi, altri due a quelli ausiliari e, a scelta, un consigliere diplomatico o militare. Un elenco al quale aggiungere un dipendente del segretariato generale del Quirinale distaccato appositamente per assistere l'ex Capo dello Stato e altri due dipendenti del Colle trasferiti con mansioni di guardarobiere e addetto alla persona presso l'abitazione privata del senatore a vita. E non è finita qui. Nella lista non può mancare l'auto con telefono e chauffeur, gli agenti di pubblica sicurezza e i carabinieri addetti alla scorta. Per non parlare delle «risorse strumentali»: telefono cellulare o satellitare, fax, connessione urbana ultraprotetta, una linea per il collegamento diretto con il centralino del Quirinale, un'altra per quello con la batteria del ministero dell'Interno e un allacciamento diretto con gli uffici dei Servizi di sicurezza del Viminale, allestiti in duplicato presso l'appartamento privato dell'ex presidente. di Tommaso Montesano

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