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Napolitano pensa alle dimissioni

Giorgio Napolitano

Andrea Tempestini
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Subito dopo la sentenza Mediaset i rumors che trapelavano da Palazzo Grazioli davano conto di un Silvio Berlusconi "pompiere", che chiedeva ai suoi di "stare calmi". Passano poche ore e il quadro viene completamente rovesciato, passando per il videomessaggio del Cav e fino ad arrivare all'ultimatum di venerdì sera: "Riforma della giustizia o cade il governo". Poche ore ancora, e Sandro Bondi parla di "guerra civile", mentre i falchi del Pdl, che hanno ormai avuto il sopravvento, annunciano: "Chiederemo la grazia a Giorgio Napolitano". L'ultimatum - Il Colle osserva con irritazione. La strada della grazia, per una serie di ragioni istituzionali e giuridiche, appare impercorribile. Re Giorgio, però, non gradisce il clima incendiario alimentato dal Pdl. E secondo quanto riportato da Dagospia, nella notte si sarebbe fatto sentire a via del Plebiscito. Semplice il messaggio, le cui potenziali conseguenze sono drastiche: basta con le minacce o mi dimetto. "Fermatevi prima che sia troppo tardi - riporta tra virgolette Dagospia -. Le mie dimissioni sono già scritte, e poi farete i conti con un mio successore sicuramente meno garantista di me e, per quel che ne capisco, anche con una nuova maggioranza che a quel punto finirà per asfaltare anche un centrodestra allo sbando con ritorsioni e risentimenti interni irrisolvibili" La rabbia - La voce dal Colle ha aggiunto che "è profondamente sbagliato chiedere la grazia in questo modo, cosa che denota anche una superficialità stupefacente in fatto di regole e procedure, sbagliata la manifestazione di domani sera a piazza Santissimi Apostoli, sbagliati i sit in davanti al Quirinale, che non solo non può essere ma non può nemmeno apparire come un luogo dove con la minaccia si cercano di ottenere risultati impossibili. È di fronte a tali irresponsabili pretese la reazione a difesa dell'istituzione è ferma e non ammette deroghe. Per molto meno, tra l'altro, altri capi dello Stato hanno rischiato l'impeachment". Speculazione - Secondo il Quirinale, infatti, "sono ben altri i procedimenti giudiziari ancora  in corso che possono essere ancor più devastanti e che un clima di scontro, o peggio di irresponsabile caduta del governo non farebbe altro che accelerare ancor di più nel loro iter". I riferimenti sono al processo Ruby e a quello sulla presunta compravendita di senatori. Il Colle avrebbe poi insistito sul "rischio Italia", ossia sull'aumento esponenziale dell'esposizione alla speculazione che potrebbe seguire una caduta del governo: i già pochi investitori internazionali si ritirerebbero. E le conseguenze le pagherebbero anche le aziende di Berlusconi.

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