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Berlusconi mollato da Letta. Ora il Cavaliere spera in Napolitano (e nell'amnistia)

Berlusconi arrestato: visto da Benny

Salvatore Dama
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  La posizione non cambia: mai più con i carnefici di Silvio Berlusconi, se il Partito democratico si assume la responsabilità della cacciata del Cavaliere dalle istituzioni parlamentari.  Ma i democratici sembrano immuni alle pressioni psicologiche. Quasi che non desiderino altro che la caduta del governo, per mano berlusconiana, e il ritorno alle urne. E allora il cerino ritorna ad Arcore. Acceso e con la miccia sempre più corta. Silvio si trova in una posizione assai  scomoda. È in predicato di subire l'onta più grande, la decadenza dal seggio parlamentare per mano di quelli che, nemici storici, adesso sono i suoi alleati di governo. Ma la cosa peggiore è la consapevolezza di non poter consumare la propria rappresaglia. Se un minuto dopo Silvio  manda a gambe all'aria il governo  facendo dimettere i suoi ministri, «gli italiani me la faranno pagare», ne è certo.          Lui si sentirebbe anche legittimato a reagire, ma poi vallo a spiegare in giro che non è colpa sua. Intervistato dalla rivista Tempi, Berlusconi utilizza una metafora marinara: «Se due amici sono in barca e uno dei due butta l'altro a mare, di chi è la colpa se poi la barca sbanda?». D'accordo che siamo un popolo di navigatori, ma è anche vero che in Italia l'80 per cento delle famiglie ha una casa di proprietà. E se la nave va a fondo perché Silvio la manda sugli scogli, addio cancellazione dell'Imu sulla prima casa. E benvenuto al punto di Iva in più finora messo in congelatore.   Morale: disfare le larghe intese richiede una forte assunzione di responsabilità. Ecco perché dal Pdl continuano a cercare ogni sponda  che eviti il patatrac. Ieri sera Angelino Alfano ha fatto ritorno ad Arcore per riferire sul lungo incontro con il presidente del Consiglio e per valutare le contromosse. Il capo del governo non ha voluto sentire ragioni, quasi che le sorti del suo governo non gli interessassero. E ciò alimenta il sospetto che Letta si stia giocando la sua partita all'interno della fase congressuale del Pd. Dubbio che riecheggia in una nota di Daniela Capezzone: «Se Letta ribadirà il suo “no” e Franceschini il suo “mai”, risulterà  evidente che l'attuale delegazione del Pd al governo vuole semplicemente ottenere in fretta e furia una nomination da parte del proprio partito, scavalcando Renzi».  Fallito l'approccio con Palazzo Chigi e considerando velleitari i tentativi di prendere tempo in Giunta per le elezioni, Berlusconi continua a guardare al Quirinale. Giorgio Napolitano ha gli strumenti per risolvere la questione, «se solo volesse». Quali? Va esclusa la grazia, perché Silvio ha già fatto sapere di non essere intenzionato a chiederla. C'è il percorso della commutazione della pena, ma questa non cancella la condanna e non fa venire meno l'ineleggibilità e la decadenza dalla carica parlamentare. Non è una soluzione risolutiva. L'altra ipotesi che è tornata a balenare nelle ultime ore è quella di un atto di pacificazione nazionale, questo sì invocato  dal Cavaliere, sotto forma di amnistia.  Il Quirinale ha avuto contatti con i due Letta, il premier e Gianni, quest'ultimo ascoltato in qualità di ambasciatore berlusconiano. Inoltre al Colle ieri sera è salita anche il ministro della Giustizia Anna Maria Cancellieri. Il Guardasigilli è stato interpellato sulla situazione delle carceri e, a quanto pare, sull'ipotesi di clemenza generalizzata. «Personalmente sono favorevole oltre che per motivi umanitari anche perché ci darebbe l'opportunità di mettere in cantiere una riforma complessiva del sistema penitenziario», ha affermato ieri Cancellieri.   Amnistia e indulto. Una estingue il reato e l'altro condona in tutto o in parte la pena. Sono i due provvedimenti suggeriti dal ministro della Difesa Mario Mauro come possibile soluzione al caso Berlusconi. È una questione, ha spiegato l'esponente di governo, che «va risolta politicamente, non per via giudiziaria. E con un provvedimento generale, non individuale. Come nel dopoguerra, con l'amnistia Togliatti», ricordando il precedente del 1946 quando l'allora Guardasigilli propose l'estinzione di tutti i reati comuni e politici legati al conflitto mondiale.      Tuttavia, anche se ci fosse  un eventuale imprimatur del Quirinale, esso non basterebbe. Amnistia e indulto sono due atti di natura parlamentare e necessitano di una maggioranza qualificata dei due terzi di ciascuna Camera. Il Pd, con Rosy Bindi, già mette le mani avanti («Questo non è un governo di pacificazione nazionale») e anche la Lega si chiama fuori. Salvatore Dama

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