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Governo, i tre scenari: Letta fino al 2015, Saccomanni fino a marzo o voto a novembre

Nelle prossime ore il premier andrà in pressing sulle colombe del Pdl per trovare i 24 voti che gli mancano. Senza fiducia, governo di scopo. Ultima ipotesi: camere sciolte subito

Giulio Bucchi
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Letta fino al 2013, voto a novembre o voto nella primavera 2013 con un interim "tecnico" a Palazzo Chigi: il futuro si gioca tutto in tre giorni. Fino a mercoledì, il premier Enrico Letta farà di tutto per trovare i 24 voti mancanti per avere una maggioranza anche in Senato. Pd e Scelta civica, gli unici partiti rimasti fedeli al suo esecutivo, insieme arrivano a 137 seggi. Ne mancano 24 per fare 161, la soglia minima (e rischiosissima) di governabilità. Letta fino al 2015 - Dove trovarli? Puntare solo su Gal, Sel e M5S non basta, anzi potrebbe in ogni caso indebolire il premier. La vera risorsa potrebbero essere i delusi del Pdl, i governisti e le colombe spiazzati dalla svolta dura delle dimissioni dei ministri imposta da Silvio Berlusconi e dai falchi. Non a caso domenica sera lo stesso Letta ha rivolto un appello al segretario azzurro Angelino Alfano: "Gli elettori del Pdl sono con te, tieni in piedi il governo", è il massaggio mandato all'ormai ex vicepremier. Di sicuro, Alfano sonderà gli umori dei moderati del Pdl-Forza Italia, sperando di trovare qualche apertura a Letta non solo tra gli ex ministri Quagliariello, Lupi e Lorenzin. Se ci riuscirà, l'ambizione di Letta è quella di strappare la fiducia mercoledì e puntare poi ad arrivare al 2015, puntando sulle scadenze che lo attendono, tra le riforme e la presidenza italiana del semestre europeo (durante il quale aprire una crisi darebbe un colpo di grazia alla credibilità del Paese). Governo tecnico con Saccomanni - Impresa complicatissima, perché questa ipotesi prevederebbe un manipolo nutrito di pidiellini disposti a girare le spalle al Cavaliere mettendosi, di fatto, fuori dal partito. Più facile, forse, trovare voti un po' qua e un po' là, anche se lo stesso Letta ripete di non voler essere un "Re Travicello" appeso alle paturnie di questo o quel senatore. Se in Parlamento l'unica ipotesi sarà quella di una fiducia "a mosaico", frammentata e poco solida, allora Letta si farà da parte e la palla passerà a Giorgio Napolitano. Il presidente della Repubblica ha ribadito anche domenica mattina che lo scioglimento delle Camere sarà la sua ultima risorsa. Prima, verificherà la possibilità di far nascere un governo "di scopo", tecnico ma meno "bipartisan" di quello dei professori e con una scadenza ancora più immediata. Tornare al voto a marzo, dopo aver approvato la fondamentale legge di stabilità (con tutti i nodi su Imu, Iva e cuneo fiscale) e aver messo finalmente mano alla riforma della legge elettorale. In questo senso, il nome più gettonato per il premier "tecnico" sarebbe quello dell'attuale ministro dell'Economia Fabrizio Saccomanni. Carta rischiosa, visto che proprio Saccomanni è uno dei più criticati dal Pdl. Tuttavia, Napolitano giocherebbe sulla "brevità" del suo incarico. L'alternativa è Giuliano Amato, anche qui non un nome particolarmente gradito al centrodestra.  Voto a novembre - D'altronde, Berlusconi e i suoi con le dimissioni dei ministri hanno giocato la carta della crisi-lampo: via Letta e voto subito. "Il prima possibile", ha rilanciato domenica Berlusconi. Il che significa 24 novembre, prima data utile. Quasi impossibile però che Napolitano acceleri così tanto da rendere possibile il voto entro il 2013. Anche perché all'orizzonte c'è la decisione della Consulta sul quesito di incostituzionalità avanzato sul Porcellum. La Corte deciderà se può esprimersi nel merito a dicembre, e nel caso passerà ancora qualche mese prima del verdetto definitivo. Per questo il Colle difficilmente accetterà di mandare al voto l'Italia per poi ritrovarsi, qualche mese dopo, una sentenza di incostituzionalità che rischierebbe di rendere "illegittimo" il nuovo Parlamento. Anche su questo Letta fa leva per allungarsi la vita.    di Claudio Brigliadori

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