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Luigi Di Maio, il grillino che vuol fare ministro della famiglia: oltre il ridicolo, chi ha scelto

Giovanni Ruggiero
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Il Movimento 5 Stelle non chiude a forme di collaborazione post-voto. A patto che si tratti di convergenze sul loro programma. Luigi Di Maio delinea i possibili scenari del 5 marzo. Il sogno grillino è che il M5S ottenga alle urne una maggioranza per governare da soli. Ma sanno anche loro che è quasi impossibile. L' alternativa per il M5s, come primo partito, è dare le carte. «Contrattiamo il programma che sarà quello della prossima legislatura e contiamo i voti», dice il candidato premier grillino a SkyTg24. «Abbiamo il nostro programma, lo mettiamo sul tavolo». I valori e i principi «non sono in discussione», premette anche Roberto Fico, ma «possono essere discusse piccole modifiche» per agevolare collaborazioni con altri partiti politici. Sì, ma quali? Il governatore della Puglia Michele Emiliano vuole convincere il Pd a sostenere un governo pentastellato. È difficile che possa accadere. La convergenza potrebbe essere più naturale per Liberi e Uguali. Pietro Grasso non chiude: «Io non ho difficoltà a dialogare con nessuno», ma preferirebbe «recuperare gli elettori di sinistra dei Cinquestelle», più che ricorrere Di Maio e Di Battista. La Boldrini invece frena: «Per me sono più i punti che dividono». Leggi anche: Di Maio, la mossa disperata: quale ministero vuol dare a Zeman Il fatto è che i Cinquestelle sono così trasversali che potrebbero trovare fattori comuni, nel populismo e nell' euroscetticismo, anche da quest' altra parte, con la Lega. Che tuttavia critica il metodo del "chi mi ama, mi segua". È troppo comodo, commenta Massimiliano Fedriga, dire «io sono puro, votatemi, ho il mio programma e poi mettersi a trattare dal giorno dopo delle elezioni. Noi preferiamo essere chiari e dire subito agli elettori che cosa faremo con il loro voto». QUANTE SIMPATIE In realtà all' interno del Movimento ognuno ha le sue simpatie. C' è chi guarda a destra e chi a sinistra. E questo spesso è argomento di polemiche. Sempre Fico ieri ha criticato lo slogan di Roberta Lombardi («Più turismo, meno immigrati»). La candidata alla Regione Lazio strizza l' occhio all' elettorato di destra e taglia il suo messaggio un tanto al chilo. «Ma io non condivido», spiega il leader grillino, «è sbagliato mettere in correlazione il turismo con la situazione dei migranti». Intanto fa discutere anche il totoministri dei 5stelle. Circolano i primi nomi e uno di questi potrebbe essere Vincenzo Spadafora, candidato grillino e stretto collaboratore di Di Maio. È stato lui a occuparsi delle relazioni istituzionali del vice presidente della Camera e a introdurlo nei salotti romani, quelli buoni. Ebbene per Spadafora ci sarebbe in ballo il ministero della Famiglie e dell' Infanzia. Uno "scandalo" secondo Gian Luigi Gigli, presidente del Movimento per la Vita Italiano: «Di Spadafora preoccupano alcune dubbie frequentazioni del passato e, soprattutto, le sue aperture alle adozioni gay all' epoca in cui era Garante per l' Infanzia». Di Maio, che non nasconde di pensare anche lui a Carlo Cottarelli («sarà un punto di riferimento per i nostri ministri e viceministri e spero di poter avere un dialogo con lui»), frena: non c' è alcuna squadra già pronta. Quanto al ministero incriminato, potrebbe essere «guidato da una donna». Una correzione di rotta dopo le polemiche. AL COLLE «Sono stato ricevuto al Quirinale su mia richiesta», ha spiegato ieri il candidato premier del M5s, «prima di dire i nomi della squadra di governo informerò il presidente della Repubblica, noi facciamo sul serio». In realtà quando ieri Di Maio è andato al Quirinale non è stato ricevuto dal presidente Mattarella ma dal segretario generale Ugo Zampetti. Per formare il governo, poi, ci vuole la maggioranza in Parlamento. È vero che i 5stelle potrebbero essere il primo partito, ma se continuano a sbattere fuori persone, ne resteranno pochi. di Salvatore Dama

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