Pd, l'agonia umiliante: anche Antonio Di Pietro dà il due di picche
Al capezzale del Pd è il momento di stregoni e fattucchiere. Tutti con la loro ricetta, ognuna diversa dall' altra. Non hanno capito se il Pd sta morendo perché si è mostrato troppo di sinistra o troppo moderato; se deve continuare a combattere i Cinque Stelle o provare a farseli amici; se dopo Matteo Renzi, le cui dimissioni saranno ufficializzate lunedì, convenga affidarsi a un apparatchik della vecchia guardia come Sergio Chiamparino e Nicola Zingaretti, a un double face buono per tutte le stagioni tipo Paolo Gentiloni e Graziano Delrio oppure se non sia il caso di lasciarsi sedurre dal tecnopariolino Carlo Calenda, che con la sua tessera fresca di stampa ieri sera è entrato per la prima volta in una sezione del partito. L' unica cosa su cui tutti concordano, anche se pochi lo ammettono, è il senso di fine incombente che Marco Minniti ha il coraggio di ammettere: «Per la prima volta il rischio di non farcela sta diventando consistente». Quello che sino a pochi giorni fa era il più grande partito del Parlamento oggi ha paura di scomparire. Leggi anche: "È come lui e non lo capiscono". Renzi, l'insulto peggiore per Bersani Il sogno dell'Ulivo - In mezzo a tanto caos e sconforto le elezioni regionali molisane del 22 aprile non sono la prima preoccupazione, ma dalla scelta fatta ieri giunge comunque un' indicazione importante. Lo stato maggiore dei democratici aveva accettato che Antonio Di Pietro fosse il candidato governatore dell' intero centrosinistra. Decisione che con Renzi in sella non sarebbe stata adottata: a fine gennaio l' allora leader disse ai suoi che non avrebbe mai messo in lista un "giustizialista" come l' ex pm. Il fondatore dell' Italia dei valori sarebbe stato l' uomo giusto per contendere voti ai grillini, sfidandoli sul loro terreno: un antipasto della possibile futura strategia dei democratici. Ma in serata Tonino ha respinto la candidatura che lui stesso si era cercato per settimane. «No, grazie. Sono arrivato da poco per potare l' olivo e devo sistemare la campagna», ha detto in collegamento con una trasmissione di TeleMolise. Rifiuto che sarebbe stato motivato dalla convinzione di non essere gradito a LeU, il partitino di Pietro Grasso. Una rogna in più per il Pd e il centrosinistra. La partita per la segreteria è molto più complessa. Dal momento in cui annuncerà le dimissioni di Renzi (condizionate a cosa?), il numero due Maurizio Martina sarà il reggente del partito sino a metà aprile, quando si riunirà l' assemblea del Pd, composta da mille membri scelti alle primarie del 2017. Sarà probabilmente questo organismo a scegliere il prossimo segretario, anche perché l' idea di indire nuove primarie vede ostile il gruppo renziano, in teoria tuttora maggioritario pure tra gli eletti in parlamento. Gli uomini legati all' ex sindaco di Firenze puntano proprio sull' assemblea per insediare Delrio, il quale resterebbe in carica sino al 2021. Si litiga anche su questo, ovviamente: Zingaretti, appena confermato governatore del Lazio, è uscito allo scoperto annunciando la propria candidatura alla guida del partito: «Anche alle primarie, non escludo nulla». Assieme a lui invocano nuovi gazebo Chiamparino, determinato anch' egli a correre per la segreteria, e il ministro della Giustizia Andrea Orlando, che ha accolto come una «buona notizia» l' arrivo di Zingaretti sulla scena nazionale. Le mosse di Calenda - Quanto a Calenda, continua a giurare che non intende "scalare" il partito, ma il suo attivismo è tale che nessuno gli crede. Pure lui non esclude una fine rapida e ingloriosa del Pd: «Se continua questa autoflagellazione, alle prossime elezioni ci troveremo a scegliere tra il M5s e Lega». Prova ad accendere una luce nel buio Anna Finocchiaro, che nel 2015 fu a un passo dal Quirinale e oggi è fuori dalle Camere e fa il ministro per i rapporti col Parlamento: «Non vedo altra strada che quella di una riflessione collettiva e plurale per reagire a una sconfitta che non ha eguali nella storia repubblicana». Una gigantesca seduta di autocoscienza: roba da film di Nanni Moretti, perfetta per il quarantesimo compleanno del film Ecce Bombo. La prima scena si gira lunedì alle 15, nella direzione del partito convocata per discutere su una linea post-voto che nessuno sa quale sia. di Fausto Carioti