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Matteo Salvini, la mossa Lega: manda avanti Giorgetti per sondare il terreno con Di Maio

Giulio Bucchi
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Matteo Salvini non ha fretta, non smania di piombare a Palazzo Chigi: ai fedelissimi assicura che è disposto a trattare anche sulla presidenze delle Camere, senza piantare grane per averne una targata Lega. Staserà vedrà Silvio Berlusconi e Giorgia Meloni, a Roma, mentre alcuni rumors raccontano di un Giancarlo Giorgetti ambasciatore in territorio grillino. Resta in piedi l' ipotesi di Montecitorio al Movimento 5 Stelle e Palazzo Madama al Carroccio. A questo proposito, Giorgetti assicura a Radio2 che «non esistono tensioni» con gli azzurri. E sull' esecutivo confessa: «Non riesco a immaginare un passo indietro di Salvini per fare un governo col Pd. Cottarelli? Non abbiamo votato Monti, perché dovremmo votare lui?». Alcuni parlamentari del Carroccio, visto il caos, scommettono su un nuovo voto a ottobre. Due certezze: Forza Italia non vorrebbe che il Carroccio incassasse la presidenza di Camera o Senato più Palazzo Chigi. Ma quest' ultima storia è ancora tutta da scrivere e l' esito è imprevedibile. Seconda certezza: il messaggio che il leghista vuole trasmettere è quello di un leader tranquillo ma determinato a tagliare le tasse, partendo dalle accise. Leggi anche: "Vi spiego la differenza tra Di Maio e Salvini", Becchi show da Porro La manovra - «Sarà la nostra prima manovra economica», ripete pensando al Def. Poi, il Parlamento deciderà se affossarlo o meno. Le linguacce pensano che la strategia salviniana sia fatta apposta per farsi dire no, perché Matteo attende le mosse di Luigi Di Maio. A differenza dell' aspirante premier a 5 Stelle, che ha chiarito di voler governare, la Lega preferisce aspettare. Salvini lo dice chiaramente: «Ci stiamo lavorando partendo dal programma: non dai numeri». Per essere più preciso, argomenta: «C' è una maggioranza in Parlamento che ci aiuta a cancellare la legge Fornero o approvare una riforma fiscale che faccia pagare il 15% agli italiani? Vedremo, se c' è la maggioranza io da domani sono pronto, se qualcuno vuole tirare a campare lo fa senza la Lega». E a proposito delle aperture berlusconiane al Pd, così da ottenerne l' appoggio, chiude: «Non ci hanno votati per far tornare Renzi al governo». Il vero nemico, l' avversario con cui vuole tirare la corda fino a spezzarla, è però Bruxelles. La Lega «sta lavorando a un programma economico alternativo a quello previsto dall' Europa». Il tutto senza dimenticare l' immigrazione. Anche ieri, il segretario del Carroccio ha inviato un messaggio a Bruxelles: «L' aria sta cambiando!». Al di là di queste mosse, Salvini deve occuparsi anche di altri nodi, più «terra terra». In queste ore lascerà il parlamento europeo, optando per il Senato. Al suo posto, potrebbe subentrare Oscar Lancini, già sindaco di Adro, Brescia, famoso per aver riempito di Soli delle Alpi una scuola. Ieri, consiglio federale in via Bellerio. Si pensava uscisse chissà cosa, a partire da espulsioni a raffica per chi ha remato contro in campagna elettorale, e invece non è successo nulla o quasi. È scattato il cartellino rosso solo per una militante mantovana, la stessa che aveva fatto ricorso contro Salvini ipotizzando la sua illecita elezione nell' ultimo congresso. «Chi fa causa contro la Lega si mette fuori da sola» taglia corto il segretario. Poi, rassicura che sulle tessere del partito (e dal simbolo) non sparirà l' Alberto da Giussano. Parole che non hanno calmato i mal di pancia, in particolare di Umberto Bossi. L'analisi - Per il resto, poco da segnalare. Il leader ha fatto parlare tutti i leader regionali (nazionali, nel vocabolario del Carroccio) per chiedere un' analisi del voto. Salvini vuole tenersi tutto il malloppo conquistato il 4 marzo, e al di là del prossimo turno di Amministrative (in programma in primavera: fari puntati sulle regionali in Friuli Venezia Giulia), l' obiettivo sono le Europee 2019. La Lega vuole arrivarci col vento in poppa. Il che non significa necessariamente essere al governo. Anzi. di Matteo Pandini

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