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Vaticano, Papa Francesco: Socci svela la vera reazione di Ratzinger alla lettera taroccata

Matteo Legnani
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Mons. Dario Viganò, responsabile vaticano per la comunicazione, si è dimesso per le omissioni relative alla lettera di Benedetto XVI. Problema risolto? Al contrario. Perché dall' inizio della vicenda è evidente che non c' era (solo) un "caso Viganò", ma (soprattutto) un "caso Bergoglio". Il "caso Viganò" sta nel dilettantismo con cui è stata gestita l' operazione, con trovate puerili e paragrafi di Ratzinger silenziati (in quel Vaticano che pontifica contro le fake news e l' informazione parziale). Il "caso Bergoglio", molto più grave, consiste nel tentativo fatto da Bergoglio, attraverso Viganò (che è un suo fedelissimo esecutore), di ottenere da Benedetto XVI un clamoroso endorsement. In pratica voleva che papa Ratzinger approvasse pubblicamente la sua "rivoluzione". Leggi anche: Vaticano, s'è dimesso Monsignor Viganò, artefice della lettera taroccata di Ratzinger Quando il papa emerito ha risposto a Viganò che non era disposto a fare l' endorsement e che non aveva nessuna intenzione di leggere i libretti apologetici su Bergoglio, anzi era indignato perché avevano chiamato a elogiare il papa argentino chi negli anni scorsi «attaccò in modo virulento» il papato suo e di Giovanni Paolo II, a Santa Marta hanno masticato amaro. È noto infatti che poco prima Benedetto XVI aveva scritto una bellissima e densa prefazione a un libro del card. Sarah. In quel caso l' endorsement c' era stato ed entusiasta. Scopo iniziale - Invece Benedetto XVI agli emissari di Bergoglio aveva risposto un secco «no», incartato in due frasi di cortesia. Bergoglio avrebbe dovuto prendere atto del no e far riporre la lettera di Benedetto XVI, che era «riservata e personale», nel cassetto. Invece è stato deciso di usarla comunque per lo scopo iniziale. Così hanno raccontato al mondo che Benedetto XVI aveva fatto un clamoroso endorsement per papa Francesco, attaccando i suoi critici ed esaltandone la sapienza teologica (è noto che non ha nemmeno il dottorato in teologia). Un' operazione tanto spregiudicata (trasformare un no all' endorsement in un sì) non è stata certo decisa da mons. Viganò. Solo il suo "principale" poteva, tanto è vero che Bergoglio lo ha sempre difeso e nelle lettere che i due si sono scambiati ieri non c' è critica o ammissione di colpa. Mons. Viganò dice che si dimette solo perché «si sono sollevate molte polemiche» e lui non vuole danneggiare le riforme bergogliane. In pratica, vogliono evitare una vera operazione trasparenza che esigerebbe ora di pubblicare la lettera del 12 gennaio con cui Viganò chiese a Benedetto XVI quell' endorsement. Da lì si capirebbero molte cose: sia del coinvolgimento di Bergoglio, sia della risposta di Benedetto XVI. Le dimissioni di Viganò dunque non servono a fare chiarezza su una vicenda sconcertante, ma solo a mettere tutto a tacere. Perché il regista di tutta l' operazione è stato Bergoglio. Infatti, nella lettera di dimissioni, Viganò non ammette alcun suo errore e dice di poter contare sulla stima di Bergoglio, manifestatagli «anche nel nostro ultimo incontro». E Bergoglio in sostanza gli risponde: accolgo a malincuore le tue dimissioni, ma solo perché ci hanno beccato con le mani nella marmellata. Tuttavia lo ricompensa dicendogli «di proseguire restando presso il Dicastero» e inventando per lui la carica di «Assessore per poter dare il suo contributo umano e professionale al nuovo Prefetto». Risposta negativa - Infine Bergoglio conferma il «progetto di riforma» dei media portato avanti da Viganò di cui elogia l' operato e addirittura il suo «profondo sensus ecclesiae». Evidentemente ritiene lodevole il fatto che si sia fatta passare una risposta negativa di Benedetto XVI per un endorsement a suo favore. E giudica lodevoli pure quei libretti sui quali perfino un bergogliano come Luis Badilla, del sito paravaticano "Il Sismografo", aveva sollevato grosse domande. Secondo Badilla, mons. Viganò e il responsabile della Libreria editrice vaticana, «in merito al gigantesco pasticcio della lettera del Papa emerito, letta e diffusa con omissioni e tagli non accettabili in generale secondo l' etica giornalistica e, a maggior ragione, più insopportabili quando si tratta di un documento di un ex vescovo di Roma, sono chiamati anche a spiegare - oltre alla manipolazione della lettera - un' altra questione ugualmente delicata». Badilla chiede «come è possibile che la Lev» abbia incluso fra i teologi, chiamati a elogiare il pontificato di Bergoglio, nomi per cui Benedetto XVI si esprime così severamente. «Come è stato possibile - chiede Badilla - dare tribuna ad un teologo fondatore di un' organizzazione contraria apertamente al magistero pontificio? Le parole di J. Ratzinger al riguardo sono come un macigno e si devono trarre le conseguenze». Invece Bergoglio non trae nessuna conseguenza negativa e seppellisce le dure domande di Badilla. Anzi, Bergoglio ha solo parole di approvazione ed elogio per Viganò e per il suo "sensus ecclesiae", quindi per tutta l' operazione. Che però è saltata. Un colpo durissimo per il papa argentino. Non dovuto certo allo spirito critico dei maggiori giornali italiani, ma solo alla pressante ricerca della verità della rete e dei blog. di Antonio Socci

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