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Giuseppe Conte sottomesso da Sergio Mattarella: il Quirinale gli ha riscritto il discorso

Davide Locano
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Una mano tesa, un altolà sussurrato e un discorso riscritto. La prima è per Giuseppe Conte. Nel momento più difficile per il professore che Cinque Stelle e Lega hanno indicato come premier, quando all'interno dei due partiti già si ragiona a voce alta su chi potrebbe prenderne il posto, Sergio Mattarella gli porge la mano e lo convoca sul Colle (alle 17.30, a mercati chiusi) per assegnargli l'incarico di formare il prossimo governo. Lo fa con scarso entusiasmo, l'animo è quello di chi vuole evitare uno scenario peggiore: il ritorno alle urne a ottobre, con Luigi Di Maio e Matteo Salvini impegnati tutta l'estate a fare campagna elettorale (magari da alleati) sventolando la bandiera del governo bloccato dal Quirinale, dai poteri forti, dall'Unione europea… Meglio allora, democristianamente, bere questo calice sino in fondo e sbloccare una situazione sul punto di avvitarsi senza rimedio. Leggi anche: Indiscreto: la prima coltellata di Conte a Salvini, la promessa al Colle Mattarella inizia la propria giornata esaminando assieme ai propri consiglieri la situazione in cui la vicenda del curriculum imbellettato ha lasciato Conte. Il responso è che il giurista ne esce politicamente azzoppato, ma ancora in piedi. A questo punto vuole capire se Di Maio e Salvini intendono assumersi la loro quota di responsabilità. I due leader sono contattati e sottoposti a domanda diretta: è ancora lui il vostro uomo? Ne siete sicuri? Ambedue rispondono in modo affermativo e il capo dello Stato annuncia la convocazione. RAMANZINA Così, quando a metà pomeriggio un imbarazzato Conte si presenta all'appuntamento con Mattarella, mai visto prima di allora, trova un presidente disponibile a usare le proprie prerogative per aiutarlo, ma anche determinato a far valere tutti i poteri che la Costituzione gli assegna. Il giurista pugliese resta chiuso negli uffici del capo dello Stato per due ore e quando ne esce appare abbastanza provato. Il colloquio è cordiale; il presidente della Repubblica, però, non gli risparmia nulla: gli fa presente l'estrema delicatezza del momento, il dovere di essere autonomo dai partiti che lo hanno scelto, il guaio che un rialzo dei tassi dovuto a politiche di spesa lassiste rappresenterebbe per milioni di famiglie, la necessità di rispettare gli impegni presi con l'Unione europea. Sottolinea l'importanza rappresentata dall'articolo 81 della Costituzione, che impone il rispetto dei vincoli di bilancio. Cose che il giurista Conte già sa, ma che gli vengono comunque ripetute, incluse le norme che attribuiscono il potere di nomina dei ministri al capo dello Stato e non al presidente del Consiglio, il quale si limita a proporli. Il riferimento è soprattutto a Paolo Savona, che la Lega vorrebbe ministro dell'Economia, ma sulla cui affidabilità Mattarella ha fortissimi dubbi. È un altolà sussurrato, insomma: quando Conte si ripresenterà con la lista dei ministri, quella sarà la prima casella che il presidente controllerà; se il premier non avrà tenuto conto del suggerimento, il confronto tra i due si complicherà, ma sul Quirinale confidano che non si debba arrivare a tanto. CAMBIO DI TESTO Ieri, di sicuro, Conte ha mostrato una notevole capacità di adattarsi alla situazione. Il discorso che ha recitato - non senza balbettii - davanti a telecamere e giornalisti uscendo dal colloquio con Mattarella non è lo stesso con cui si era presentato sul Colle. La versione originale era una perfetta sintesi del pensiero grilloleghista; quella finale, riscritta dopo la lezione di catechismo impartita dal capo dello Stato, ha un significato politico molto diverso. A partire dall'incipit, nel quale Conte ha assicurato di essere consapevole «della fase impegnativa e delicata che stiamo vivendo» e «della necessità di confermare la collocazione europea ed internazionale dell'Italia». Stemperati e messi in coda tutti passaggi che avrebbero mandato in brodo di giuggiole il popolo pentastellato, costretto ad accontentarsi di slogan a buon mercato, come quello sul solito «governo del cambiamento» (che però non intende cambiare la politica italiana nei confronti della Ue) e sull'impegno assunto da Conte di essere «l'avvocato difensore del popolo italiano». Un primo punto per Mattarella, ma la partita con M5S e Lega da un lato, e i mercati dall'altro, è appena iniziata. di Fausto Carioti

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