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Moavero, la misura estrema: "Spero di no, ma se..". Perché sugli immigrati l'Europa rischia la sua fine

Giulio Bucchi
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Mai come in questo momento l'Europa è stata vicina alla sua fine politica. Non lo dice il "vulcanico" Matteo Salvini (che ha dato un anno di tempo a Bruxelles), ma un tecnico misurato come Enzo Moavero. Intervistato dal Messaggero, il ministro degli Esteri punta il dito contro le responsabilità europee sull'immigrazione, a poche ore dal vertice-farsa che non dovrebbe portare alcuna novità sul tema. "L'Europa, e non l'Italia, è la meta di tutte queste persone che fuggono a guerre, regimi autoritari o cercano un futuro migliore. Dunque, poiché la questione è europea, le soluzioni devono essere europee. Ma l'Ue è stata decisamente latitante, prevalgono i vari egoismi nazionali. L'attuale posizione italiana intende richiamare i partner ai valori comuni della responsabilità e della solidarietà", spiega Moavero. Respingere le navi delle Ong non è una provocazione, ma un atto per "scuotere le coscienze degli Stati europei e delle istituzioni Ue". L'Italia non chiede la revisione, ma il superamento del regolamento di Dublino perché sottovaluta i numeri attuali. "La stragrande maggioranza dei migranti non ha titolo al diritto d'asilo, migra per motivi economici ed è il 93% del totale degli arrivi in Italia". Leggi anche: L'amara verità sull'Europa, nessuno vuole i profughi Finora l'Europa si è preoccupata solo dei "movimenti secondari" dei migranti, tra Stato e Stato, prevedendo anche la sospensione della libera circolazione delle persone prevista dagli assetti di Schengen, "chiudendo le frontiere come accade a Ventimiglia", ricorda Moavero secondo cui il vero problema sono "i movimenti primari", cioè gli sbarchi che interessano solo Italia e Grecia. Come risolverlo? "Servono tanti fondi e occorre investirli bene. Poi, bisogna creare campi di accoglienza, assistenza e informazione, gestiti dall'Unione e dagli Stati di origine e di transito: molte persone, dopo una prima tratta e dopo aver capito quanto sia terribile e rischioso il viaggio, desiderano rientrare a casa e vanno aiutate. Infine, chiediamo di strutturare e potenziare una vera vigilanza europea alle frontiere dell' Unione". Chi viene salvato in mare, "non deve essere sbarcate sempre negli stessi porti, ma smistate nei vari Paesi rivieraschi, naturalmente garantendo l'assistenza a chi ne ha più bisogno nel porto più vicino. Così, verrebbero divisi gli oneri di accoglienza e verifica".  Se l'Europa, come sembra dalla bozza d'intesa bilaterale tra Francia e Spagna, continuerà a scaricare il problema accoglienza sulle spalle dell'Italia, le conseguenze potrebbero essere tremende, a cominciare dalla tenuta dell'Unione europea. "Il rischio c'è. La divisione tra gruppi di Paesi, la difficoltà a trovare intese e a lavorare insieme, stanno producendo effetti forse più dirompenti della crisi finanziaria del 2012" e l'Ue "potrebbe subire una battuta d'arresto rilevante". Il profondo malessere dei cittadini che non trovano risposte a Bruxelles e Strasburgo potrebbe far sfuggire la situazione di mano: "Potremmo scivolare, più o meno consciamente, nel passato di nazioni contrapposte e rivali". "Se tutti chiudessero i confini, le libertà di Schengen non ci sarebbero più. E ciò produrrebbe grandi danni: a chi viaggia per lavoro, studio, turismo e in sequenza potrebbe minarsi il mercato unico e perderemmo il maggiore volano di crescita e occupazione d'Europa". Sta già succedendo: "Abbiamo intorno a noi, già adesso, molte frontiere chiuse. Il rischio che i confini si chiudano uno dopo l'altro esiste. Mi auguro che non dovremo mai trovarci davanti a una simile decisione".

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