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"Linea comune sui migranti", Salvini stoppa le polemiche

AdnKronos
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Roma, 11 lug. (AdnKronos) - Nessuna distanza nel governo sui migranti. La linea è "assolutamente comune", l'esecutivo "ragiona con una sola voce e una sola testa". Il ministro dell'Interno Matteo Salvini, lasciando il vertice a Palazzo Chigi con il presidente del Consiglio Giuseppe Conte in vista della riunione dei ministri dell'Interno Ue in programma a Innsbruck, stoppa così le polemiche all'indomani del caso scoppiato sulla nave Vos Thalassa. Con il premier la linea sui migranti è "assolutamente comune - assicura -: rafforzare ancora di più la sicurezza dei cittadini italiani, ponendo al centro del dibattito europeo il fatto che non possiamo essere lasciati soli in concreto". Alla domanda se è scontro col ministro della Difesa Elisabetta Trenta, Salvini risponde: "No, parlano i numeri. Il governo lavora in maniera compatta, parlano i numeri". E le frizioni con altri membri dell'Esecutivo? "Sento più Toninelli e Di Maio dei miei genitori, leggo sui giornali cose divertenti ma parlano i numeri". "Il nostro obiettivo, il mio obiettivo, è un'immigrazione limitata, controllata e qualificata - rimarca Salvini - perché un'immigrazione controllata e qualificata come in altri Paesi del mondo è un fattore positivo per la nostra società. L'immigrazione alla mare nostrum, alla Renzi, alla 600mila sbarchi porta alle tendopoli di San Ferdinando dove c'è la giungla e c'è l'illegalità e non è l'idea di Italia che ho in testa. Quindi controllare l'immigrazione e il mio obiettivo è ridurre il numero di morti". "Da che sono ministro dell'Interno, grazie al lavoro di persone di assoluto spessore e alla linea della fermezza - aggiunge -, sono sbarcati 21mila immigrati in meno rispetto allo stesso periodo dello scorso anno". "Non mi accontento - spiega - voglio fare ancora meglio perché meno sbarchi significa meno morti, voglio arrivare lentamente a ridurre le presenze nelle caserme, negli alberghi, negli agriturismo in mezza Italia". Per la nave Diciotti "al momento - continua - non c'è un porto, sto andando in ufficio a lavorare. Se c'è gente che ha minacciato e che ha aggredito, non sarà gente che finisce in un albergo ma che dovrà finire in una galera". "E quindi io - prosegue il responsabile del Viminale - non darò autorizzazione a nessun tipo di sbarco finché non ci sarà garanzia per la sicurezza degli italiani che delinquenti, che non sono profughi, che hanno dirottato una nave con la violenza, finiscano per qualche tempo in galera e poi vengano riportati rapidamente nei loro paesi. Fino a che non avrò queste garanzie non ci sarà nessun sbarco". E a chi gli chiede da chi attenda tali garanzie, "da chi le deve dare, che non è il ministro dell'Interno", chiarisce. LA POSIZIONE DI DI MAIO - Sul caso della nave Diciotti interviene, chiarendo la sua posizione, anche il vicepremier e ministro dello Sviluppo economico, Luigi Di Maio, che, ospite di Omnibus su La7, afferma: "Non è immaginabile chiudere l'ingresso a una nave italiana". "Se si tratta di una nave italiana, che è intervenuta in una situazione che dovremmo chiarire, bisogna necessariamente farla sbarcare" dice Di Maio, puntualizzando come i porti non siano "chiusi, lo sono alle ong che non rispettano le regole". Quanto alla necessità di far sbarcare i migranti a bordo della nave della Guardia costiera italiana, Di Maio precisa: "Non è un titolo contro Salvini, non è immaginabile chiudere l'ingresso a una nave italiana, ma condivido tutte le perplessità su quello che sta accadendo nel Mediterraneo". Salvini, commentando la proposta di Di Maio, ovvero aprire i porti italiani alle Ong che rispettano le regole, dice: "No, i porti italiani sono aperti alle navi delle autorità italiane, non ad altri". A chi gli fa notare che Di Maio ha anche definito 'impensabile' l'opzione di chiudere i porti a navi italiane, "son d'accordo - replica il responsabile del Viminale - ma è anche impensabile che l'Italia continui a farsi carico dei costi sociali ed economici che dovrebbero essere di tutti i 27 paesi Ue, questo ribadirò oggi a Innsbruck". LA LINEA DI TRENTA - Marca le distanze dalla linea di Salvini sulla questione migranti la ministra della Difesa, Elisabetta Trenta, che in un'intervista ad 'Avvenire' sottolinea: "Il Mediterraneo è sempre stato un mare aperto e continuerà ad esserlo. La strada è regolamentare, non chiudere". "L'apertura - osserva - è la sua ricchezza. La parola accoglienza è bella, la parola respingimenti è brutta. Poi accogliere si può declinare in mille maniere. E si può, anzi si deve, legare accoglienza a legalità". Riguardo alla questione delle Ong, Trenta dice "basta a una eccessiva demonizzazione che non mi convince e non mi piace. Ci sono una maggioranza di organizzazioni luminose. Poi c'è anche qualche mela marcia che sfrutta l'emergenza migranti per fare business. La sfida - lo ripeto - è coniugare accoglienza e rigore. E capire che a volte si agisce per il bene e non sempre si arriva al bene. Soprattutto se manca un'azione coordinata". Poi, su Facebook, la ministra assicura che nel governo "remiamo tutti nella stessa direzione" anche se "come è naturale che sia, possono esserci sensibilità diverse". "Qualcuno si diletta a strumentalizzare le mie parole nel tentativo di metterci l'uno contro l'altro. Mi dispiace deludervi: non ci riuscirete!" scandisce Trenta. IL CASO VOS THALASSA - La Diciotti, sulla quale sono stati trasferiti i migranti soccorsi dalla Vos Thalassa intervenuta in acque Sar libiche anticipando l'intervento della guardia costiera libica, era stata inizialmente raggiunta dall'altolà del Viminale per attraccare nei porti italiani. Ieri, al termine del vertice sui migranti a Palazzo Chigi, è stato il ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti Danilo Toninelli a spiegare che non ci sono distanze con il ministro dell'Interno. Salvini "pensava che l'intervento della Guardia costiera italiana fosse stato conseguente a una richiesta di salvataggio - ha detto Toninelli - mentre si trattava di un intervento di ordine pubblico e di sicurezza". La Guardia costiera, in altre parole, è intervenuta "per salvare la vita dell'equipaggio, minacciato di morte. Si è trattato, dunque, di un'operazione di polizia giudiziaria" visto che "ho dato mandato per fermare i colpevoli delle minacce di morte". Inizialmente il responsabile del Viminale "non era a conoscenza di quel che vi ho detto, pensava fosse il solito intervento di salvataggio mentre, in realtà, era di ordine pubblico" e "pensiamo ci saranno fermi e arresti a carico di chi ha minacciato l'equipaggio".

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