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Tasi, paga di più chi ha figli e seconda casa

Lucia Esposito
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La fregatura, a questo punto, è sotto gli occhi di tutti. Con la nuova tassa sugli immobili, le famiglie italiane pagheranno di più. Come? Il mini sconto di un miliardo di euro sulle cosiddette abitazioni principali sarà compensato da un aggravio sulle seconde case. E basterebbe questo per capire che il gioco delle tre carte, come si temeva, è stato servito dal Governo con la legge di stabilità. La speranza è che in corsa, cioè durante l'iter parlamentare, il testo della finanziaria possa migliorare. Fatto sta che tra indicazioni della stampa specializzata e un po' di conti fatti dagli esperti del Popolo delle libertà, saltano fuori beffe e mazzate.   Il rischio più grosso, anzitutto, è che per ben cinque milioni di italiani, il nuovo  tributo sulla casa costi  di più. L'Imu sarà rimpiazzata dalla Tasi (servizi) e dalla Tari (rifiuti). I due pilastri formeranno la Trise e il primo  dovrebbe risultare assai più caro per  gli alloggi più modesti. Un giro di vite che è l'effetto dell'azzeramento delle detrazoni sia quella base da 200 euro sia quella “provvisoria”, introdotta nel 2012 con l'Imu, da 50 euro per figlio. Il Tesoro sostiene che col passaggio da Imu a Trise non ci saranno differenze. Anzi. Le indicazioni di via Venti Settembre indicano un risparmio di un miliardo di euro: l'Imu valeva 3,7 miliardi e tanto sarà il gettito generato dal nuovo tributo comunale. Che peraltro ingloba un miliardo di euro di Tares. Tuttavia, come accennato, questo sgravio potrebbe essere non solo mangiato da aumenti delle aliquote su base locale, ma anche reso vano dall'inasprimento delle imposte sulle seconde case, che saranno pagate sempre dagli stessi soggetti.  Ragionamento in cui viene in soccorso un'analisi realizzata da Renato Brunetta (Pdl). «Per avere un'idea di grandezza - si legge nei documenti Pdl - i contribuenti che nel 2012 hanno versato l'Imu  sulla prima casa sono 17,8 milioni. I contribuenti che versano l'Imu  sulle seconde case sono 15,3-16 milioni». Come dire che, alla fine della giostra, si va a colpire sempre la stessa platea. Di fatto si tratta di due vasi comunicanti: quello che si toglie dal primo, va subito al secondo. Per le casse dello Stato non ci sono grosse differenze. Semmai, il gettito potrebbe crescere.  Ciò perché la finanziaria abolisce l'esenzione Irpef per le case sfitte o date in comodato. Nel mirino dell'Esecutivo sono finte, tra altro, le abitazioni che nonni o genitori concedono in comodato gratuito a nipoti o figli che non hanno la possibilità di comprarne una (magari perché la banca non concede mutui) o lo stipendio non basta per pagare un affitto. La norma, infatti, colpisce le seconde case sfitte situate nello stesso comune dell'abitazione principale. Ma il colpo arriva anche per chi acquista un'altra casa nella stessa città dove abita (caso classico: un investimento) e poi non riesce ad affittarla causa crisi e recessione.      La scure  - in questo caso - si chiama  Irpef, perché questo tipo di abitazioni torneranno a essere assoggettate all'imposta sui redditi, in  misura pari al 50% della rendita catastale. Lo sconto fu introdotto con l'Imu e all'epoca l'impatto sul gettito era stato stimato in 1,6 miliardi di euro. Si gridò allo scandalo, perché il beneficio fu esteso anche alle seconde case al mare o in montagna, magari utilizzate per un mese o poche settimane l'anno.   In generale, l'impatto sulle tasche degli italiani restano incerto.   Confedilizia ha calcolato per il  2014 un aggravio, rispetto al 2012, che potrà variare da un minimo di 2,1 miliardi  (+8,86%) fino a 7,5 miliardi (+31,65%) secondo  l'aliquota che verrà decisa dai comuni. Altre stime indicano che la mazzata potrebbe arrivare fino a 9 miliardi. L'operazione, per ora, rimane al buio. L'impalcatura finanziaria è in via di costruzione. L'ultima parola spetta ai sindaci e gli effetti contabili potrebbero crescere nel tempo Francesco De Dominicis  twitter@DeDominicisF

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