Immigrazione selvaggia a tutti i costi: così la sinistra ammazza l'Italia e si copre di ridicolo
Contrordine: dei libici non ci si deve più fidare. Le motovedette non si vendono più. Anzi, doppio contrordine. Perché non solo gli accordi con il governo di Tripoli sul controllo delle coste erano cominciati con un ministro del Pd, Marco Minniti, che proprio su scelte come questa aveva accresciuto la sua (e del Pd) popolarità. Ma la decisione dell'attuale governo, che prevede, appunto, la vendita di 12 motovedette, 10 della Guardia Costiera e 2 della Guardia di Finanza, era stata approvata e votata dai senatori del Pd. Solo pochi giorni fa. Nel passaggio del decreto alla Camera, invece, si è deciso di cambiare completamente linea. Morale, il Pd, ieri, ha deciso di non partecipare al voto (alla fine il provvedimento è passato con 382 sì e 11 no). Un classico di quando non si sa come sbrogliare la matassa. Ma è il finale di una giornata di travaglio tra i dem. LA SPACCATURA Una parte dei deputati era per seguire l'orientamento dei colleghi senatori, confermando il via libera a una linea che era stata avviata dal ministro Minniti con il famoso memorandum, quello che trattava anche del codice di condotta per le Ong. Un'altra, capeggiata da Matteo Orfini e condivisa dal segretario Maurizio Martina, era, invece, per ribaltare quella posizione. Non a caso proprio il presidente del Pd, alcune settimane fa, aveva sferrato un attacco nei confronti dell'ex titolare del Viminale, contestandogli l'impostazione tenuta. E la critica riguardava, tra l'altro, proprio gli accordi con il governo libico, considerato responsabile di violazioni inaccettabili dei diritti umani. La spaccatura, poi, ha un altro risvolto: si dà il caso, infatti, che al Senato ci sia Matteo Renzi e il nocciolo duro dei suoi fedelissimi. E non a caso i renziani non hanno difeso il "ripensamento" avvenuto a Montecitorio. Alla fine, dopo una difficile mediazione, Graziano Delrio, capogruppo dei dem alla Camera, ha deciso per la non partecipazione al voto. Ma, off the records, i malumori erano tanti. L'argomento con cui il Pd di Montecitorio ha ribaltato la linea del Senato è che il governo avrebbe dovuto garantire sul rispetto dei diritti umani da parte della Guardia Costiera libica, alla quale, grazie al decreto, saranno consegnate le 12 motovedette. Stefano Ceccanti, Barbara Pollastrini e altri deputati hanno illustrato la posizione: bisogna tenere insieme, hanno spiegato, il principio della sicurezza dei confini e il rispetto dei diritti umani. «Tutti i governi della scorsa legislatura, nessuno escluso, si sono mossi sull'unica linea che è compatibile con i principi e i valori della Costituzione: sicurezza ai confini e tutela dei diritti umani. Questo è stato, nelle diverse fasi politiche, nei diversi contesti, l'obiettivo di tutti i governi che si sono avvicendati nella scorsa legislatura. Il governo fin qui ci aveva presentato questo provvedimento come un provvedimento in continuità», ha sottolineato Ceccanti. E ha chiesto, sul punto, «una risposta chiara da parte dell'esecutivo». Pollastrini ha richiesto «garanzie» sul rispetto dei diritti umani da parte dei libici nell'uso delle motovedette: la presenza a bordo di un osservatore internazionale, la presenza nei campi libici di rappresentanti delle organizzazioni internazionali, Unhcr e Oim, come previsto dalla convenzione di Ginevra. LA REPLICA Il governo ha risposto che non è possibile. Il sottosegretario agli Esteri, Manlio Di Stefano, ha spiegato che pur condividendo «evidentemente» il richiamo ai diritti umani, occorre seguire il principio generale per cui se un'intesa è troppo vincolante non è rispettata. «Sapete anche voi», ha detto Di Stefano ai parlamentari del Pd, «che prevedere l'obbligo di questi impegni renderebbe inefficace l'accordo. Tant'è vero che nello stesso memorandum sottoscritto da Minniti questi obblighi non c'erano. Eppure non mi sembra che Minniti fosse uno che non rispettava i diritti umani. Pertanto possiamo scrivere che l'Italia farà di tutto per promuovere il rispetto dei diritti umani, ma l'Italia non può obbligare altri paesi a farlo», ha concluso Di Stefano. di Elisa Calessi