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Umberto Bossi contro la manovra: "Troppo assistenzialista, i sussidi non servono. Di Maio? Lasciamo perdere"

Cristina Agostini
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«Lo Stato produttore non funziona. Lavoro, lavoro, lavoro, ecco l' unica cosa che serve a questo Paese». Nel Transatlantico semideserto del mercoledì, con i parlamentari al ristorante o in arrivo per le commissioni, Umberto Bossi guarda, distante, ma ancora appassionato, la prima manovra del governo giallo-verde. Governo suo, ma anche non suo. Governo della Lega e del M5S. Ma della Lega di Matteo Salvini, diventato partito nazionale, non più federalista. Bossi, che i suoi ancora chiamano «Il Capo», trattiene molto di quello che, forse, vorrebbe dire. L' animale politico che è sempre stato (e ancora è) lo consiglia di frenarsi. Di dire un po', ma non proprio tutto. Ma quel che dice è già abbastanza. Cosa ne pensa del reddito di cittadinanza? «In Italia bisogna creare lavoro. L' assistenzialismo non ha mai prodotto niente. L' abbiamo già sperimentato. E non ha prodotto risultati». Leggi anche: "Nemico della democrazia". Moscovici, l'ultima porcheria contro Salvini Sì ma al Sud ci sono tanti disoccupati, milioni di persone che hanno perso il lavoro o non sono mai entrati nel mercato del lavoro «Ma anche al Sud serve il lavoro. Ci vuole lavoro, non sussidi. È l' unica soluzione per ripartire, per crescere. E perché succeda poi servono uomini grandi, capaci». Capaci di cosa? «Capaci di organizzare. Uomini con delle idee». Però al Sud sono molto contenti se arriva il reddito di cittadinanza. Anche perché glielo avevano promesso. «Eh, ci credo. Così sommano reddito di cittadinanza e lavoro nero». Luigi Di Maio dice che, però, bisogna rimettere in piedi chi si è fermato, che ci sono tanti italiani sotto la soglia della povertà. E per questo bisogna dargli una mano, aiutarli a rimettersi in corsa. «L' assistenzialismo l' abbiamo già sperimentato. Non è servito a nulla. Non funziona. Non ha prodotto crescita, nulla. Al Sud non riescono nemmeno a pagarsi la sanità». Però Di Maio ha detto che vuole riformare i centri per l'impiego. «Quelli non sono mai serviti a niente. L' imprenditore assume e poi comunica i nomi ai centri per l'impiego». Cosa ne pensa di Di Maio? «Lasciamo perdere». È preoccupato dallo spread in salita, da questa sfida che il governo gialloverde sta facendo all'Europa sulla percentuale deficit Pil? «Più che una sfida, è una sfiga». Però l' abolizione della riforma Fornero le piace, giusto? «Sì, quella è una cosa buona. Ma il problema è il lavoro. Se non si crea lavoro, non si va avanti». Forse servirebbe tagliare le tasse. Ma il governo ha deciso di fare solo un inizio di flat tax, solo per le partite Iva. Secondo lei perché? «Eh, per forza. Ma lo sa quanto dà la Lombardia di tasse allo Stato?» Sono preparata: più di 34 miliardi, circa un quinto di quanto lo Stato incassa per l'Irpef. I lombardi sono quelli che versano più tasse allo Stato. «Ecco». Insomma se si facesse la flat tax lo Stato perderebbe miliardi di entrate e per questo non si fa? (Non risponde) Ma quanto durerà, secondo lei, questo governo? «Chiedetelo a Salvini». Dipende da come andranno le elezioni europee? «No. Dipende dall'economia, da come va. Solo da questo». di Elisa Calessi

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