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Matteo Salvini, la scenata di Luigi Di Maio nell'ufficio del leghista: ormai parlano via segretarie

Gino Coala
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Quando passa un giorno intero senza che Luigi Di Maio e Matteo Salvini litighino, i rispettivi collaboratori temono di essersi distratti e aver perso qualcosa nel flusso della giornata, quasi non ci si crede. L'ultima volta è successo mercoledì 21 novembre, più che altro perché ormai i due non si parlano praticamente più, se non per interposta persona. Leggi anche: Di Maio, il M5s nel caos: "Qui dentro è una Bosnia", il crollo nervoso tra i grillini Che i due arrivassero ai ferri corti, come una sorta di coppia di separati in casa in attesa che uno dei due trovi una nuova sistemazione, era stato ampiamente previsto da buona parte della stampa italiana. Quando nacque il governo Lega-M5s, lo scetticismo che quella fusione a freddo potesse avere un futuro era dominante. E i casi di scontro nelle ultime settimane non sono stati certo pochi. Tra i momenti a tratti comici, come racconta il Corriere della sera, c'è stato quello della sera di martedì 20 novembre, quando Giggino, come lo chiamano il vicepremier grillino a sua insaputa, quasi "si sentiva male" dopo aver saputo che il governo era stato battuto sul disegno anticorruzione, con sospetta manina leghista. Di Maio è entrato di corsa nella stanza di Salvini, riporta il Corriere, e "si è messo a urlare cose irripetibili, al solito, alcune pure in dialetto napoletano stretto". La reazione di Salvini è sempre la stessa, reagisce sorridendo, riuscendo quasi sempre a disinnescarlo. Sembrano lontani anni luce ormai i tempi in cui i due chattavano come due innamorati. Oggi se proprio hanno bisogno di comunicare tra loro, lo fanno attraverso le segretarie. Che i due fossero drasticamente diversi era già evidente da sempre, dai caratteri ai gusti musicali. Se i due dureranno insieme è complicato da pronosticare. Dallo scorso settembre il rapporto è diventato teso: il tempo degli equilibrismi su vaccini, abolizione dei vitalizi, pensioni, ponte di Genova, ha lasciato il posto ad attacchi frontali ora sui termovalorizzatori, ora sul reddito di cittadinanza. E davanti ci sarebbero ancora quattro anni di legislatura.

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