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Carlo Cottarelli a Pietro Senaldi: "Fossi stato premier avrei tagliato le tasse. E su Fabio Fazio..."

Davide Locano
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«A questo punto me ne vado in America tre settimane, tanto non è cambiato molto. Esagero, ma se guardo i saldi della manovra, questo governo mi sembra un po' la prosecuzione dei precedenti: simile avanzo primario, solite clausole di salvaguardia dell' Iva, che poi verranno disattivate, rituali promesse che il debito scenderà anche se tutti sanno che non scenderà». Di Maio e Salvini come Renzi? «Quasi. Però ora non si promette più di raggiungere il pareggio di bilancio in tre anni e il debito è previsto scendere meno rapidamente. E poi la pressione fiscale aumenta un po', mentre era scesa nei governi precedenti, mentre si usano le poche risorse disponibili per la spesa corrente, prima di tutto il reddito di cittadinanza e l' abbassamento dell' età pensionabile». Cinquestelle sostiene che il reddito di cittadinanza aumenterà i consumi e porterà crescita economica: condivide? «Sì, ma la sua spinta è controbilanciata da altre misure, comprese quelle introdotte dopo l' accordo con la Commissione. Alla fine il deficit nel 2019 (quello che lo Stato immette nell' economia) resta più o meno sui livelli del 2018. Non c' è proprio un effetto espansivo. Inoltre non va dimenticato che l' innalzamento dello spread da 130 a 250, con conseguenze sui bilanci delle banche e, soprattutto, sull' incertezza, ha un effetto recessivo, anche se per fortuna non siamo più a 300. Sarà difficile raggiungere una crescita anche dell' 1 per cento. Non impossibile, ma difficile». Leggi anche: "Non arrivi al panettone, sarai disoccupato". Coltellata a Fazio, chi lo manda a casa Carlo Cottarelli avrebbe potuto essere a Palazzo Chigi al posto di Giuseppe Conte, se fosse dipeso dalla volontà del presidente Mattarella, che l' aveva contattato come riserva della Repubblica quando tre mesi dopo il voto l' Italia si trovava ancora senza esecutivo, oppure al posto di Giovanni Tria al ministero dell' Economia, se avesse ceduto alle profferte preelettorali grilline. Se poi a Berlusconi riuscisse di far saltare il governo grazie a qualche responsabile grillino e ci fosse bisogno di un tecnico, in tanti scommetterebbero su di lui. Che però non ci crede ed è in partenza per raggiungere la moglie a Washington, dove ha passato ventotto anni e dove la sua famiglia, sparpagliata per il mondo, trascorrerà le vacanze natalizie. «Se riesco a prevalere su mia moglie, non mi muovo, sono sempre in giro e sono stufo». Dottor Cottarelli, la domanda è: chi gliel' ha fatto fare di tornare in Italia dopo aver cresciuto i figli e passato una vita all' estero? «Ma io non sono mai diventato americano. Leggo i giornali italiani, seguo l' Inter, i miei amici sono ancora quelli del liceo, a Cremona, dove cerco di andare appena posso». Se fosse stato lei il premier che manovra avrebbe fatto? «Primo, il taglio della burocrazia e la velocizzazione della giustizia civile. Con l' eccessiva pressione fiscale costituiscono i tre elementi che frenano lo sviluppo del Paese». Quindi avrebbe tagliato le tasse? «L'Italia deve crescere e per farlo ci sono solo due modi: fare investimenti pubblici, come dice la sinistra, oppure tagliare le tasse, opzione che viene classificata di destra. Io, non per ragioni ideologiche, avrei abbassato le tasse. In Italia la spesa pubblica ha una qualità troppo bassa, non siamo in grado di gestirla, di sapere dove finiscono i soldi, che vanno in troppa parte sprecati. Se tagli le tasse, sai cosa fai; se investi, non sai dove vanno i quattrini. Certo il livello di investimenti pubblici ora è troppo basso e va alzato. Ma conta la qualità e non solo la quantità». Come avrebbe finanziato il taglio? «Risparmi sono possibili in tutte le aree, tranne quelle per l' istruzione che è fondamentale per dare a tutti una possibilità di migliorare le proprie condizioni economiche e sociali nella vita. Il problema dell' arretratezza del Sud non è solo legato alla criminalità organizzata, che ormai c' è anche al Nord, ma è dovuto in gran parte alla debolezza della scuola pubblica meridionale e alla sua difficoltà a rafforzare il capitale umano. Se i ragazzi crescono senza educazione non sarà il reddito di cittadinanza a immetterli nel mercato. Dovrebbero dirottare sulla scuola i soldi per il salario grillino». L'autonomia che la Lega vorrebbe far passare potrebbe servire? «Il male vero dell' Italia è la spesa pubblica inefficiente. L' autonomia regionale potrebbe fare molto in direzione di una gestione più oculata della spesa. Se avvicini la tassazione alle uscite, queste diventano più efficienti perché i cittadini ne hanno un controllo diretto. Si parla troppo poco di autonomia, invece il decentramento, naturalmente entro certi limiti, servirebbe a fare chiarezza ed eliminare certe storture». I grillini frenano perché temono che il Sud ne sarebbe danneggiato. «Non si può avere tutto. Ma se i soldi pubblici vengono gestiti meglio alla fine questo diventa un vantaggio anche per il Sud. L' Italia non è tutta uguale, anche per questo il reddito di cittadinanza mi lascia perplesso: 800 euro a Milano sono un aiuto non molto generoso, ma in una piccola città del Meridione equivalgono a uno stipendio e diventano un disincentivo a cercare lavoro». C'è qualcosa che le piace di questa manovra? «Il fatto che alla fine Lega e Cinquestelle abbiano fatto in parte retromarcia, riducendo i rischi immediati di una crisi da spread per il Paese». Chi ha vinto? «M5S, perché la Lega non ha fatto la flat tax mentre i grillini faranno il reddito e le pensioni le avevano anche loro nel programma». Perché l'Europa ci è venuta incontro? «Ma l' Europa alla fine si ammorbidisce sempre, lo aveva fatto anche con Renzi e Gentiloni. In realtà non conveniva a nessuno rompere e c' è stato un compromesso sul 2019. La Commissione trattava con Tria l' 1,6 per cento, il nostro governo voleva il 2,4 per cento. Alla fine si è fatto il 2 per cento. Pari e patta». Sono state decisive le clausole di rincaro sull'Iva? «Non so come il governo farà a gestirle. Senza gli aumenti dell' Iva per finanziare l' effetto a regime delle spese aggiuntive il deficit salirebbe al 3 per cento nel 2020 e 2021. Il problema è che la manovra è la sintesi di due programmi che possono essere conciliati solo aumentando il deficit. È tutto un tira e molla». Le clausole Iva sono l' aspetto della manovra che più la preoccupa? «In realtà quello che non condivido è la filosofia che sta alla base della legge di bilancio. È stato ignorato il problema del debito pubblico, che è una spada di Damocle sulla nostra testa. I conti italiani restano deboli e più si aspetta a risanarli più è probabile che uno choc esterno, per esempio una recessione internazionale della quale già si intravede qualche segnale, ci travolga e ci precipiti in una situazione simile a quella del 2011. Stiamo perdendo tempo, e se aspetti poi ti tocca fare come Monti e tagliare con la scure. Aggiustare i conti in un periodo di recessione è operazione sanguinosa, avremmo dovuto farlo nel 2016, quando c' era la ripresa, ma Renzi preferì giocarsi i soldi in bonus e tagli fiscali. È difficile resistere alla tentazione di offrire qualcosa agli elettori anziché aggiustare il debito, perché tutti sperano di essere rieletti così facendo. Ma spesso è un calcolo che si rivela errato». Austerità o no, tutti i governi hanno aumentato il debito. Sorge il sospetto che sia impossibile abbassarlo... «Si abbassa in cinque modi: una patrimoniale gigantesca, la vendita di beni dello Stato, l' uscita dall' euro con il ritorno a stampare moneta, la sua ristrutturazione, ovverosia la cancellazione concordata con i creditori di una parte di esso, oppure un aggiustamento graduale. Se avessimo cominciato con quest' ultima ricetta dal 2015 oggi avremmo il pareggio di bilancio senza aver rinunciato a molto in termine di crescita». Ed è il motivo per cui lei lasciò l' incarico di commissario alla spending-review? «Non è più il caso di tornare su quella storia. Io dico solo di non sperare troppo ora dalla riduzione dello spread. I mercati sono molto rapidi nel cambiare opinione. Nell' aprile 2011 la situazione italiana era tranquillissima ma sei mesi dopo eravamo sull' orlo del fallimento. Basta poco e noi non stiamo facendo nulla per rimediare alla nostra fragilità». Ci sono pericoli di una recessione mondiale? «Mi preoccupa più il settore finanziario che quello reale. Il settore finanziario si è sviluppato troppo rapidamente negli ultimi decenni e dopo la crisi del 2008 non sono state messe sufficienti regole e limiti perché il disastro non si ripeta. È tutto ancora molto opaco, con troppi derivati in giro. Io sarei tornato, forse non completamente ma almeno in parte, alla rigidità degli anni Settanta e Ottanta». La vedremo da Fazio anche nel 2019? «Da Fazio mi sono trovato benissimo ma quella di ieri è stata l' ultima puntata del contratto. Stiamo discutendo sul futuro. Potrei tornare saltuariamente, come ospite, più o meno ogni 3 o 4 settimane, ma non in tutte le puntate». Perché molla? «È nel dna dell' Osservatorio sui conti pubblici che dirigo non legarsi a un singolo spettacolo ma partecipare a diversi programmi (se mi invitano!). Occorre parlare anche a chi non guarda Che tempo che fa». Si aspettava di ricevere tutte quelle critiche per il suo contratto? «Francamente no. Il compenso pattuito con la società produttrice del programma (da cui provengono i soldi visto che il contratto di quest' ultima con la Rai predata il contratto per la mia partecipazione) serve a finanziare posizioni di assegnista universitario. Quanto ai miei interventi ero conscio di parlare senza contraddittorio e ho fatto il possibile per mantenermi bilanciato nei giudizi. Infatti non mi hanno mai attaccato per il contenuto». Cosa ha imparato da questa esperienza? «Che la Rai dovrebbe essere privatizzata, così eviteremmo ogni problema. La tv di Stato dovrebbe avere al massimo un solo canale. Il rapporto tra Rai e politica è sempre stato molto difficile perché è inevitabile, anche se spesso non giustificato, che il politico si senta infastidito se certi punti di vista sono espressi da un canale pubblico». Perché Fazio è così divisivo? «Questo dovrebbe dirmelo lei. È un meccanismo vorticoso: più lo attaccano, più lui va avanti per dimostrare di non essere condizionabile, e più viene ancora attaccato». di Pietro Senaldi

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