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Giuseppe Conte, retroscena raggelante: "Ha scoperto che non si può". Di Maio fregato: Salvini incassa

Giulio Bucchi
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Alla fine Giuseppe Conte è uscito dal tunnel della Tav con un cavillo più volte sussurrato. Secondo il Sole 24 Ore il premier ha inviato alla Telt una lettera in cui si dà il via libera ai bandi di gara per 2,3 miliardi per l'alta velocità Torino-Lione, ricorrendo però alla "clausola di dissolvenza". Si prevede, in altre parole, una futura revisione del progetto. La mediazione tra M5s e Lega arriva con una acrobazia da circo che esclude, per ora, la crisi di governo ma che non annulla affatto i problemi interni ai 5 Stelle, visto che la base piemontese voleva lo stop dell'infrastruttura. D'altronde, al strada di Conte era strettissima. Francia e Unione Europea avevano respinto l'idea del governo italiano di rivedere i bandi di gara. Leggi anche: Dago-bomba sul governo, "cos'ha garantito Salvini". Di Maio, capetto fallito Come riportava beffardo il Corriere della Sera, Conte aveva "scoperto che non può dire di no. Non può fare un decreto del presidente del Consiglio, per bloccare i bandi, perché non ci sono i tempi tecnici necessari per un atto di questo tipo". E sarebbe l'atto amministrativo minimo che la società italo-francese accetterebbe". Inoltre mancano le coperture finanziarie necessarie, "visto che dalla Telt i cinque consiglieri italiani del Cda hanno fatto sapere a Palazzo Chigi che ogni atto di blocco dei bandi dovrebbe essere coperto per 300 milioni di euro, quelli che verrebbero a mancare da Bruxelles in termini di finanziamenti europei". Era già tutto pronto per il pressing selvaggio su Telt, con una "lettera molto dura" già preparata dai tecnici di Palazzo Chigi. Poi però il premier ha alzato le mani: "Bisogna fare i conti con la realtà, con una procedura internazionale che ha regole giuridiche non solo italiane, e che è molto complicato modificare". Di fondo, poi, c'è un problema ancora maggiore ammesso dallo stesso Di Maio: non esiste una convergenza politica tra Lega e M5s in grado di far forzare la mano al governo. 

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