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Edi Rama, il premier dell'Albania a Pietro Senaldi: "Salvini ha ragione sui migranti. Europa, basta ipocrisia"

Giulio Bucchi
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È stato con l'Albania che l' Italia ha conosciuto per la prima volta l' immigrazione di massa, oltre 25 anni fa, con le carrette del mare stracolme di disperati in fuga dal crollo del comunismo, dalla guerra nei Balcani e dal pericolo di finire vittime della pulizia etnica. «Per noi l' Italia è sempre stata l'America, proprio come nel bellissimo film di Gianni Amelio che raccontava il nostro esodo biblico verso le coste della Puglia», ricorda Edi Rama, 56 anni, socialista, per tre volte sindaco di Tirana e dal 2013 premier albanese, segnalato dalla rivista Time tra i 37 uomini destinati a cambiare in meglio il volto dell' Europa ai tempi in cui amministrava la capitale. Oggi la situazione è più turbolenta, con l' opposizione in piazza a chiedere elezioni anticipate e accusare il governo di brogli, corruzione e collusione con il traffico internazionale di stupefacenti. «Il guaio di noi albanesi è che non sappiamo perdere» tenta di minimizzare il presidente, un omone atletico alto quasi due metri e di carnagione scura, che si presenta in completo indaco e scarpe da tennis, come fosse una ex stella della Nba, il campionato di basket americano. E in effetti la pallacanestro è il suo hobby. «Mi ritrovo l' opposizione fuori dal Parlamento, sull' Aventino direste voi, ma io non sono un duce. Dovrebbero tornare in aula se vogliono confrontarsi, così fanno solo il male dell' Albania, offrendo un' immagine del Paese diversa dalla realtà. Non siamo a rischio destabilizzazione, questa è una rivolta di piazza nel senso che i contestatori stanno tutti nella piazza davanti al Parlamento, non che hanno il popolo dalla loro. Io ho rivinto due anni fa con la maggioranza assoluta, il Paese cresce del 4% l' anno, solo che tra poco ci sono le elezioni amministrative e se non fanno un po' di rumore i miei avversari rischiano un' altra disfatta». Il guaio è che questa contestazione, di palazzo più che di piazza, sta avendo eco all' estero. La stampa russa le dà molto spazio. Rama di secondo lavoro fa il pittore - gallerie, aste, cose serie, non un passatempo da tinello - e il senso del bello è stata la chiave dei suoi tre mandati da sindaco, durante i quali ha trasformato Tirana da grande accampamento del potere comunista a capitale, con un' urbanistica che ingentilisce lo strano mix tra la razionalità architettonica comunista e quella del Ventennio con il verde e palazzi moderni, progettati anche da italiani. Dell' artista ha la leggerezza anche nel parlare degli argomenti più drammatici. «I Balcani sono strategici, siamo una terra di frontiera da millenni, e tutti vorrebbero avere influenza su di noi. Per questo voglio portare il mio Paese in Europa, anche se chiaramente alla Russia e ad altre potenze orientali questo non fa piacere. Ma io voglio mettere l' Albania in sicurezza, noi la guerra e lo sterminio etnico li abbiamo vissuti sulla nostra pelle, ne abbiamo il ricordo nel cuore e nella testa, non sono un racconto dei nonni e dei bisnonni come per voi dell' Europa Occidentale». E quando tocca l' argomento, il presidente perde l' espressione affabile, lo sguardo si fa penetrante, la mascella si irrigidisce. È sicuro che l' ingresso nella Ue sia una scommessa vincente: Tirana cresce, l' Unione rallenta, chi glielo fa fare? «Me lo chiedono tutti all' estero. Noi non ne abbiamo bisogno tanto per l' economia, quanto per la politica estera. Abbiamo tanti indizi che dietro le proteste di questi giorni contro il mio governo ci sia l' azione di potenze straniere, e poi abbiamo bisogno di dotare il Paese di istituzioni solide e integrate alla Ue, per proseguire con la modernizzazione e sconfiggere la corruzione, che è ancora alta». L' Europa ha mille regole economiche, non teme vi frenino?  «Abbiamo l' esempio degli ex Paesi comunisti, come la Polonia e l' Ungheria, che non hanno l' euro e crescono pur essendo nell' Unione. Finché potrò applicare il 5% di tasse alle imprese che fatturano fino a 160mila euro e il 25% agli individui più ricchi, non temo rallentamenti economici». Come fa a garantire il welfare con una tassazione così bassa?  «Ho scoperto che se le tasse sono basse l' evasione è minima e l' incasso dell' erario certo». Presidente, quando gli albanesi arrivarono a centinaia di migliaia, nei primi anni '90, gli italiani avevano paura di loro, oggi non più: come mai?  «Potrei dirle perché in fondo noi eravamo già italiani. Parlavamo la vostra lingua, la vostra tv era l' unica finestra sul mondo che i cittadini dell' Albania comunista avevano. L' integrazione è stata facile perché siamo un popolo fiero ma versatile. Chi è venuto da voi, si è aperto completamente al mondo e alla cultura italiana, desiderava fortemente farlo». Eppure molti albanesi sono musulmani. «Io sono cattolico, mia moglie è musulmana e i nostri due figli grandi sono ortodossi. Chissà, magari il piccolino diventerà buddista. Il fanatismo religioso non esiste da noi, quindi non abbiamo potuto esportarlo. Non abbiamo un modo divisivo di vivere la religione, pensi che durante la Seconda Guerra Mondiale siamo la sola nazione invasa dai tedeschi che non ha consegnato neppure un ebreo». Insomma, chi va in un altro Paese deve adattarsi?  «Il motto dell' Albania è che la casa di un albanese appartiene a Dio e all' ospite, però l' ospite deve rispettare le regole di casa. Noi in Italia l' abbiamo fatto». Ora sono gli italiani ad andare in Albania?  «Il saldo tra chi parte e chi torna è ancora di 150mila persone a favore di chi espatria. L' Albania sta andando bene, ma è un Paese che deve fare ancora molta strada ed è naturale che qualcuno cerchi maggiore fortuna all' estero. Però abbiamo quasi quattromila aziende italiane operanti nel nostro territorio e l' anno scorso abbiamo avuto 500mila turisti italiani. Spiagge, mare pulito e natura selvaggia, siamo come l' Italia di 70 anni fa». Le aziende italiane che aprono in Albania e l' emigrazione da Tirana che rallenta sono la prova della validità della strategia dell' aiutiamoli a casa loro?  «In Italia ci sono 40mila albanesi titolari di attività imprenditoriali, quindi anche noi vi stiamo in un certo senso aiutando, però è innegabile che lo sviluppo dell' economia e gli investimenti stranieri sul territorio frenino l' emigrazione. Da noi si dice che in Albania non c' è mai abbastanza Italia, venite, le occasioni di fare affari non mancano». Oggi l' Italia è ancora presa d' assalto da decine di migliaia di immigrati che arrivano dal mare: ci sono analogie con l' ondata di albanesi di 25 anni fa?  «Non molte. Gli albanesi scappavano dopo uno sconvolgimento politico e volevano fortemente l' Italia, oggi l' immigrazione dall' Africa ha natura economica e ha come meta l' intera Europa. L' immigrazione albanese, anche per l' affinità tra le nostre due popolazioni, è una storia eccezionale. Oggi è diverso e il governo italiano ha ragione ad attaccare la Ue, che vi ha lasciati soli a gestire un' emergenza mondiale. È stata una vergogna, della quale anche l' Unione sta pagando il prezzo. Non si può sperare di risolvere i problemi senza gestirli e scaricando su un solo Paese ogni grana. Chi si lava le mani in realtà non riesce poi a scappare, tant' è che l' angoscia per l' immigrazione incontrollata ha travolto le popolazioni di tutti i Paesi europei, non solo gli italiani». Come dovrebbe comportarsi l' Europa con la nuova ondata migratoria?  «Innanzitutto dovrebbe smettere di comportarsi in modo ipocrita. Basta prendersela con Salvini e i populisti, hanno le loro buone ragioni e capisco i loro sfoghi. Si può discutere su come mettono il problema sul tavolo ma è innegabile che esso esista. È inaccettabile, come fa la Ue, accusare l' Italia di xenofobia e poi abbandonare lei e gli immigrati. Si vuole spostare sul piano ideologico un problema pratico per non affrontarlo politicamente come Unione, che in realtà sarebbe l' unico modo per tentare invece una risposta». Con l' Albania l' Italia arrivò ad attuare un blocco navale, che peraltro causò una terribile tragedia. Sarebbe una soluzione oggi?  «È una mossa della disperazione che non mi sembra necessaria. La politica di Salvini ha ridotto molto gli arrivi. L' unica risposta è che l' Europa agisca da Unione. Le linee dell' attuale governo italiano, quote d' ingresso parametrate alle esigenze del mercato, chiarezza nella gestione dei flussi, linea durissima contro gli scafisti e gli ingressi clandestini, andrebbero adottate dalla Ue nel suo insieme. La politica precedente dell' immigrazione incontrollata ha fallito, provocando effetti disastrosi». di Pietro Senaldi

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