Ipotesi crisi di governo, Colle tace ma paletti già fissati
Roma, 27 mag. (AdnKronos) - Grande cautela per non interferire nella campagna elettorale ed ora naturalmente massima discrezione rispetto ai dati elettorali e identica attenzione ad evitare valutazioni su quella che potrebbe essere l'evoluzione della situazione politica. Fedele al suo ruolo di arbitro imparziale, il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, prende atto dei risultati del voto europeo, che rischiano di avere pesanti ripercussioni sul quadro politico interno e nei rapporti tra il nostro Paese e le istituzioni di Bruxelles. Pronto naturalmente ad intervenire qualora la situazione dovesse precipitare, muovendosi in coerenza con la linea che ha caratterizzato la sua azione negli oltre quattro anni di mandato e durante la crisi dello scorso anno. Una situazione che potrebbe ripresentarsi in termini analoghi se il segretario della Lega, Matteo Salvini, dovesse cedere alla tentazione di correre alle urne per capitalizzare il successo elettorale ottenuto ieri, rompendo il patto con i Cinquestelle e causando le dimissioni del presidente del Consiglio, Giuseppe Conte. Uno scenario che non prevede soluzioni automatiche e precostituite da parte di Mattarella, se non il rispetto delle prerogative costituzionali sue, del Parlamento e dei partiti; la salvaguardia degli interessi economici e sociali del Paese; la considerazione dei mutamenti di orientamento del corpo elettorale. Tutte valutazioni di carattere generale, visto che al Colle nessuno in queste ore ipotizza crisi di governo dietro l'angolo. Con il Capo dello Stato pronto però ad intervenire se emergesse l'impossibilità dell'esecutivo di proseguire il suo mandato. Solo a quel punto entrerebbe necessariamente in gioco il Quirinale, fissando dei paletti che già da adesso si presume quali possano essere: verificare innanzitutto se esistano in Parlamento spazi per la riedizione dell'attuale maggioranza o di coalizioni alternative, naturalmente con numeri definiti prima della presentazione di un nuovo governo alle Camere, escludendo quindi che si vada ad una conta al buio. Se dovesse risultare impossibile la nascita di un nuovo esecutivo, è chiaro che diventerebbe concreto il rischio di un ritorno anticipato alle urne già a settembre, con una campagna elettorale in piena estate ma con la possibilità, ma non la certezza, di avere un governo in grado di impostare e approvare entro l'anno la prossima legge di Bilancio, se dalle urne dovesse uscire una maggioranza certa e omogenea. Oltre alla naturale tendenza di ogni Capo dello Stato a salvaguardare in ogni modo la durata della legislatura, ancora più forte è la preoccupazione per la tenuta dei conti pubblici, per difendere il risparmio, rafforzare la fiducia di famiglie ed imprese, proteggere il Paese dall'instabilità finanziaria. Obiettivi che potrebbero far pensare alla possibilità che si tenti la strada di governi tecnici per traghettare al voto magari all'inizio del prossimo anno, ma che avrebbero comunque bisogno di trovare un sostegno parlamentare che al momento appare difficilmente immaginabile. Considerazioni che si inquadrano, per rimanere ancorati al voto di ieri che aveva appunto una connotazione europea e ai suoi risultati, al rapporto tra Italia ed Unione europea. Quest'ultima presto potrebbe chiamare il nostro Paese a rispondere del rischio di sforamento dei conti già per il 2018, mentre Salvini contemporaneamente annuncia di voler ridiscutere i vincoli di bilancio con Bruxelles. Un braccio di ferro che, come ha più volte sottolineato Mattarella, non è il modo migliore per ricercare e trovare soluzioni che solo confronto e dialogo costruttivo possono permettere di raggiungere. Un metodo tanto più necessario alla vigilia del vertice informale dei Capi di Stato e di governo che domani aprirà la complessa trattativa per le nuove nomine ai vertici dell'Unione. E questo in un quadro che dopo il voto di ieri vede le tradizionali famiglie politiche mantenere un peso ancora rilevante nel Parlamento europeo e proprio per questo chiamate a compiere un sforzo rilevante per rendere l'Europa "più inclusiva e giusta", come auspicato a più riprese da Mattarella nelle ultime settimane.