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M5s, Luigi Di Maio non tiene più i suoi: agguato in aula per frantumare l'asse con la Lega

Davide Locano
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Oggi si saprà quale, delle decine di proposte di modifica al decreto sicurezza bis, fatte dai parlamentari del M5S, passerà il vaglio dei vertici, cioè di Luigi Di Maio. Probabilmente quelle più indolori, quelle non in grado di provocare l' alleato leghista, dandogli il pretesto per la temutissima crisi. Ma il fascicolo messo insieme dall' ufficio legislativo del gruppo pentastellato per raccogliere tutti gli emendamenti presentati da deputati (ma anche dai senatori) al decreto sicurezza bis racconta, meglio di ogni retroscena, il malumore presente tra le truppe pentastellate nei confronti della Lega. Del resto la questione migranti è una di quelle che più misurano le distanze tra i due alleati. La mannaia di Di Maio, però, racconta anche l' altra faccia della medaglia: si è deciso di andare avanti, le critiche sono rinviate ad altri tempi. Resta, però, agli atti della Camera, tutta la contrarietà di tanti parlamentari, messa nero su bianco in questi emendamenti. Per esempio ci sono i due presentati da Yana Chiara Ehm e Simona Suriano. Entrambi riguardano l' articolo 1. Leggi anche: "Crede di essere Salvini?": Feltri frantuma Di Maio Il primo propone di sostituire la frase «con motivi di ordine e sicurezza pubblica» con «per motivi di comprovate e palesi minacce all' ordine e sicurezza pubblica». La ratio, come spiega la nota, è di «rendere meno generico l' intervento normativo in modo da distinguere i possibili piani di intervento e razionalizzare la distribuzione di poteri tra i vari ministeri competenti». Un altro, presentato sempre dalle due deputate, vuole inserire dopo le parole «in servizio non commerciale», la frase «o di navi coinvolte in operazioni SAR». Il senso? Ribadire «il rispetto degli obblighi internazionali che prevedono l' accesso in sicurezza al porto vicino più sicuro». Un modo, insomma, per subordinare alle convenzioni internazionali il decreto. Molti altri emendamenti puntano a limitare il potere del ministro dell' Interno, leggi Salvini, obbligandolo a concordare le decisioni con il presidente del Consiglio o con altri ministri competenti. Riguardano sempre l' articolo 1. BASTONI TRA LE RUOTE Una proposta, sempre firmata da Ehm e Suriano, chiede di inserire una frase che recita: «Il provvedimento è adottato di concerto con il presidente del consiglio dei ministri e, secondo le rispettive competenze, con il ministro della Difesa e con il ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti». Come spiega la nota, «l' emendamento intende dare una responsabilità collegiale in seno al governo ad una scelta che ha ricadute anche sul piano internazionale e che coinvolge più ministri in virtù delle competenze e degli accordi siglati in ambito internazionale». Un tentativo, questo, comune anche ad altre proposte di modifica. Come quella a firma Grippa, che chiede di sostituire la parola «informandone» con «e con». Motivazione? «Fare in modo che il Presidente del Consiglio partecipi al processo decisionale inerente l' accesso delle navi nelle acque territoriali». O come quello presentato da Fabiana Dadone, che vuole sostituire alla locuzione «informandone il», quella «previa comunicazione al». Obiettivo: «Garantire un maggior coinvolgimento del Presidente del Consiglio nell' adozione degli atti di limitazione o divieto di ingresso nel mare territoriale». Tradotto: se il ministro dell' Interno vuole impedire a una nave di entrare in un porto deve informare preventivamente il premier e avere il suo avvallo. COLPIRE MATTEO C'è poi chi, come Doriana Sarli, propone addirittura di sopprimere l' articolo 1, cioè il cuore del provvedimento, quello che attribuisce al responsabile del Viminale la possibilità di «limitare o vietare l' ingresso, il transito o la sosta di navi nel mare territoriale per motivi di ordine e sicurezza pubblica». E questo invocando la «normativa internazionale in materia di soccorso marittimo» e, dulcis in fundo, osservando che se passasse la formulazione prevista si limiterebbe la competenza delle «Capitanerie di Porto e Guardia Costiera», corpo della Marina militare che fa riferimento ai ministeri della Difesa e delle Infrastrutture. Ancora più chiaro è un altro emendamento, sempre a firma Sarli, che punta a «garantire la possibilità di entrare nelle acque territoriali per compiere operazioni di soccorso, senza che il transito si risolva in una sosta ingiustificata per un tempo non definito». E via così. Critiche sostanziali, che esprimono un' opposizione profonda nei confronti della politica della Lega sui migranti. Ma pochi di questi emendamenti sopravviveranno al vaglio di Di Maio. Si è deciso di andare avanti. Le critiche non sono ammesse. Peraltro è quasi certo che al Senato verrà messa la fiducia, visti i numeri risicati. di Elisa Calessi

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