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Scissione Pdl, lo zampino di Napolitano

Re Giorgio visto da Benny

Andrea Tempestini
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La scissione è avvenuta. Nonostante le lacrime e il dolore, come abbiamo spiegato, sia Angelino Alfano sia Silvio Berlusconi hanno buoni motivi per non dolersi troppo. Eppure la soluzione era quella meno agognata dai due leader, che hanno cercato invano, e fino all'ultimo, di ricomporre la frattura. Che, però, è avvenuta. Una teoria sull'evoluzione della crisi del (fu) Pdl ce l'ha il falco Sandro Bondi, che ha pochi dubbi: "Dietro le decisioni di Angelino Alfano c'è la regia di Giorgio Napolitano". Ergo, dietro la scissione c'è lo zampino del Capo dello Stato. Irremovibile - L'inquilino del Colle ha sempre detto che per lui il governo Letta è l'unico possibile, e che il suo mandato-bis è legato a doppio filo a questo esecutivo. A inizio ottobre, nei giorni della quasi-sfiducia al premier, Napolitano ribadì: "Non concederò mai le elezioni, al massimo mi dimetto". Una frase con cui chiariva, ammesso che ve ne fosse bisogno, la sua posizione. Giorgio è il primo sponsor di Letta, e Alfano ha deciso di assecondare la strategia del Colle. Tanto che Berlusconi ha spiegato: "Dopo il 2 ottobre non siamo più in grado di sfiduciare l'esecutivo". Dunque, meglio lo spacchettamento e andare all'opposizione con Forza Italia. L'interventismo - D'altronde, l'interventismo di Re Giorgio non è certo un mistero. Basti pensare a come nacque questo esecutivo, di cui di fatto dettò il programma, e fino ad arrivare alla recentissima cronaca, con Napolitano che blinda Annamaria Cancellieri, la Guardasigilli nel mirino per un clamoroso conflitto d'interesse; oppure basti pensare alle ingerenze di Napolitano nella dialettica interna del defunto Pdl. Certo, ora l'interventismo potrebbe non bastare: il caso Cancellieri, la scissione del Pdl, le tensioni nel Pd e soprattutto la bocciatura della legge di Stabilità da parte di Bruxelles sono scogli contro i quali Letta può schiantarsi e affondare. Il nuovo centro - Ma tant'è. Per ora quelle che furono le larghe intese reggono. Grazie alla sapiente (e attivissima) mediazione del Colle e, di fatto, grazie allo strappo di Alfano. Ecco, Alfano. Perché si sarebbe convinto della bontà della sua operazione? Perché avrebbe accettato il piano quirinalizio? Una mera questione di poltrone? Una risposta ce l'ha sempre Sandro Bondi, che al Fatto Quotidiano spiega: "Che garanzie avrebbe? Probabilmente c'è un accordo per un nuovo centro con pezzi di Casini e di Partito democratico". Una teoria, quella dell'ex ministro della Cultura, che cozza con quanto detto da Angelino e Silvio, pronti a riunirsi al prossimo voto (anche se c'è da risolvere il nodo delle primarie).

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