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Giorgia Meloni, il piano in Parlamento per abolire il reddito di cittadinanza M5s

Cristina Agostini
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La coerenza è una virtù selettiva, perciò sembra essere rimasta soltanto Giorgia Meloni a rappresentare senza ombre chi considera il reddito di cittadinanza una boiata pazzesca; ma soprattutto ad avere idee solide su come utilizzare in modo equo e socialmente apprezzabile gli 8 miliardi di euro accantonati per il provvedimento bandiera del Movimento 5 Stelle. Non da oggi, ma ora se possibile con maggior forza, Giorgia ha dichiarato in beata solitudine che «il reddito è indubbiamente il maggior fallimento dei grillini in entrambi i governi Conte, da quello con la Lega a quello con il Pd: doveva abolire la povertà e invece è diventata una paghetta di Stato per nomadi, spacciatori, usurai, ex brigatisti, mafiosi e condannati». Statistiche alla mano, la leader dei Fratelli d' Italia ribadisce che la misura scritta da Pasquale Tridico e Nunzia Catalfo «non ha creato un solo posto di lavoro e ha solo peggiorato i conti pubblici». Per approfondire leggi anche: "Una vergogna italiana": Giorgia Meloni contro Fabio Fazio Sicché, fra i circa 500 emendamenti che il partito di Giorgia ha presentato alla legge di bilancio, ce ne sono alcuni finalizzati a destinare i quattrini del reddito «in veri progetti in grado di garantire crescita e sviluppo aiutando chi davvero è in difficoltà. Basta con gli sprechi». Più nel dettaglio, la Giorgianomics prevede una Rivoluzione sul welfare delle famiglie: asili nido gratis, congedo parentale retribuito al 100 per cento i primi sei mesi e all'80 nei primi sei anni; reddito di infanzia con un rafforzamento dell'assegno di natalità destinato ai genitori meno ricchi. «Basterebbero 2 miliardi di euro, a fronte degli 8 spesi inutilmente per il reddito», è la tesi della Meloni alla quale si accompagna la «provocazione» del suo capogruppo alla Camera Francesco Lollobrigida: «Salviamo Alitalia e l' Ilva spostando le risorse dal reddito di cittadinanza». Lollobrigida ha spiegato che le proposte dei Fratelli d' Italia «sono il frutto di un confronto con i mondi produttivi e con le categorie con cui dialoghiamo», e ha poi espresso una orgogliosa rivendicazione di coerenza: «Noi abbiamo tentato di fermare questo scempio quando il governo gialloverde decise di approvarlo. Denunciammo, inascoltati, precisamente quello che sarebbe accaduto». Verissimo. DOTTRINA DEL BUON SENSO - E così veniamo al punto centrale della questione. Le critiche al reddito di cittadinanza, naturalmente, non sono mancate sin dapprincipio e sono giunte da varie latitudini sociali, corporative e partitiche. Ma a posteriori il paradosso è che i più rumorosi fustigatori di ieri - Partito democratico di rito zingarettiano e Matteo Renzi con la pattuglia che avrebbe dato vita alla scissione di Italia Viva - sono finiti a Palazzo Chigi con i grillini e nulla possono per modificare le cose. Mentre gli scettici di oggi, come la Lega di Matteo Salvini nella sua recente versione istituzionale, fino ad agosto avevano le mani legate dal contratto di governo gialloverde. In mezzo a tanta confusione, senza rimanere schiacciata sulle posizioni liberali di una Forza Italia ritenuta a torto o a ragione corresponsabile della crisi economica sulle cui macerie sono cresciuti i Cinque Stelle, Giorgia si è via via fatta largo con una dottrina del buon senso. Né ordoliberista né veterostatalista, intonata piuttosto a un empirisimo sviluppista, la visione meloniana si è concretizzata in una strategia dell' ascolto dei ceti produttivi italiani ma senza mai dimenticare le istanze dei meno protetti (a cominciare appunto dalle famiglie). Quando l'estate scorsa, per esempio, Salvini muoveva al sacrosanto assalto dei vincoli di bilancio promuovendo uno choc fiscale basato sulla flat tax, Giorgia continuava a consigliare una più realistica tassa piatta sui redditi incrementali. Nel frattempo, con l'esperto e popolarissimo Guido Crosetto al fianco, portava alla festa nazionale di Atreju il presidente di Confindustria Vincenzo Boccia e lo poneva al cospetto di una destra matura capace di fare sintesi fra le richieste dei blocchi sociali più dinamici e la necessità di non lasciare indietro i più deboli. TEMPO GALANTUOMO - Adesso, a distanza di quasi nove mesi dall'entrata in vigore del reddito, anche i tiepidi sostenitori (fra i quali chi scrive) di un' iniziativa che secondo le premesse doveva censire e calmierare il livello d' indigenza italiana devono riconoscere la lungimiranza della Giorgianomics. Se non è piacevole per nessuno dover constatare il fallimento di una perequazione redistributiva, nondimeno diventa doveroso considerare la proposta di «utilizzare le risorse del reddito di cittadinanza per favorire la crescita dei posti di lavoro, con incentivi all' occupazione, o per aiutare i veri bisognosi». Non è un caso se nel marzo scorso, quando Libero lanciò l' appello alla raccolta delle «firme necessarie onde procedere alla cancellazione dei sussidi ai fannulloni, coloro che si girano i pollici anziché sgobbare» (Vittorio Feltri), Giorgia fu la prima ad aderire. E se mai accadrà, a occhio, sarà l' ultima a contraddirsi. di Alessandro Giuli

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