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Piercamillo Davigo smontato in diretta tv dall'avvocato: prescrizione, ko tecnico

Gabriele Galluccio
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I capi degli Orazi e dei Curiazi hanno cozzato tra loro come due pinnacoli rocciosi. Uno alla fine è stato lesionato, ha perso il cucuzzolo, e anche le fondamenta sono lesionate. È la cima, sia detto senza ironia alcuna, a nome Davigo. È accaduto giovedì sera. Da una parte c'erano Piercamillo Davigo, magistrato di Cassazione, membro del Consiglio superiore della magistratura; dall'altra Gian Domenico Caiazza, figura assai meno mediatica, ma rappresentante degli avvocati (è presidente delle Camere penali). Luogo: PiazzaPulita su La7. Per approfondire leggi anche: "Davigo? Non è innocente, fa politica" Tema: la prescrizione, i processi infiniti, le responsabilità delle lungaggini. Era la prima volta, dopo anni, che il giudice, forse suo malgrado idolo dei forcaioli, si trovava davanti a qualcuno del medesimo rango, per di più senza avere lui il fucile e l'altro la cerbottana. Tempi identici di microfono. Un arbitro, Corrado Formigli, che non aveva predisposto il copione usuale. Quello dove il presunto gigante, espressione della cristallina volontà di giustizia del popolo, schiaccia inesorabilmente i garantisti per lui sempre piuttosto pelosi. Anche stavolta Davigo ha messo in campo la dialettica che incanta le platee. Non argomenti in punta di diritto, così noiosi e perdenti, ma aneddoti dove i delitti e le pene sono i primi impuniti le seconde ridicole o inesistenti, e le galere vuote. Il tutto raccontato come una performance al cabaret. Qui ci permettiamo un verbale. Non risultano i toni dal testo scritto. Davigo usa parlata rapida, vezzosità da applauso, manifesta malcelata ira e fastidio. Caiazza si propone con la pacatezza di numeri e argomenti, quando può dà ragione all'interlocutore. Chiunque abbia assistito, salvo non sia infestato da virus manettaro, ammetterà che la prescrizione Bonafede è un'offesa al diritto e al buon senso. Caiazza: La protesta dei 40 penalisti per la scelta di Davigo oratore all'inaugurazione dell'anno giudiziario a Milano? Costui aveva espresso giudizi molto gravi sulla funzione dell'avvocato, rappresentato come uno che la tira in lungo per ottenere prescrizione per lucrare. Deve accettare una critica ad affermazioni così gravi. Davigo: Ce l'ho solo con alcuni avvocati che si comportano in quel modo. Non si può raccontare una storia del tutto diversa da quello che si vede. Il 15% dei ricorsi di Cassazione sono contro richieste di patteggiamento. Gli avvocati dicono che è tutto secondo le regole. Allora cambiamo le regole! Caiazza: Se ci sono le regole si rispettano, sono percentuali marginalissime. Certo la lentezza della giustizia non è dovuto a questo. Si deve fare invece una riflessione sul numero di procedimenti che arrivano e dunque sull'obbligatorietà dell'azione penale. Noi ingolfiamo la macchina giudiziaria in ossequio a un principio sempre più astratto che però viene eluso. Il 60% delle prescrizioni matura prima dell' udienza preliminare, quando gli avvocati non possono determinare nulla. Che serietà c'è dietro questa campagna contro la prescrizione? Davigo: È una storia rappresentata in modo del tutto diverso dalla realtà. La Procura di Roma ha 60mila processi pronti ma il tribunale di Roma può metterne in atto solo 12mila, rimangono in procura per questo. Contrariamente alle menzogne dette approvando il codice trent'anni fa, in Italia non c'è il 90% di patteggiamenti, ma solo il 10%, perché si punta alla prescrizione. Caiazza: L'istituto della prescrizione è un frutto del pensiero giuridico moderno (Beccaria). È un istituto che rimedia a una patologia intollerabile. La durata dei processi è un disastro per tutti ma non lo si può far pagare a un imputato che rimane imputato a vita! È un'idea autoritaria dello Stato! Antonio Padellaro (fondatore del Fatto quotidiano, seduto al fianco di Davigo): Non sarebbe necessario dare più tempo alla giustizia, per il bene delle vittime? Caiazza: Si può rimanere imputati per 15 anni? La potestà punitiva dello Stato ha il dovere di fermarsi quando si è andati oltre un limite ragionevole di tempo. Padellaro: Moretti ha rinunciato alla prescrizione. Caiazza: E qual è il problema? Davigo: In Italia viene proposto un numero di impugnazioni che non ha uguali. Solo il 40% delle sentenze viene appellato in Francia, in Italia il 100%. Perché? Perché in Francia non c'è il divieto di reformatio in peius. E allora si lamentano se la gente si infuria e vuole farsi giustizia da sé? Caiazza: Il 75% delle prescrizioni matura prima delle sentenze di primo grado dove la questione delle impugnazioni è del tutto irrilevante. È un pretesto... Se la prescrizione è farina del diavolo perché non eliminarla del tutto? Non lo fanno perché le procure sarebbero travolte. La prescrizione permette di gestire un carico di processi altrimenti ingestibile e di mantenere l'ipocrisia dell'obbligatorietà dell'azione penale. Caiazza: Lei dice che non si va in carcere, non so a che processi faccia riferimento. Davigo: A quelli di corruzione, di evasione fiscale. Caiazza: I processi per corruzione sono molto pochi in media. Non può dire che non si va in galera. La corruzione semplice ha dei limiti di pena, quella aggravata determina pene a cui è impossibile sottrarsi. Lei fa calcoli astratti. di Renato Farina

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