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Giorgia Meloni, appello di Antonio Socci: governissimo, fai un piccolo sforzo per liberarci da Giuseppe Conte

Davide Locano
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Ma esiste ancora un centrodestra unito? A parte le elezioni, nelle quali i tre partiti si presentano insieme, normalmente non c' è traccia di prese di posizione comuni o di "vertici" che diano la percezione dell' unità di intenti. Ognuno va avanti per suo conto. In ordine sparso e spesso conflittuale. Del resto le stesse elezioni regionali, a causa delle candidature, sono ormai al centro di polemiche fra i tre partiti e fanno presagire spaccature. Per non dire degli incredibili smottamenti dentro Forza Italia dovuti ai cosiddetti "responsabili" che - a sentire le cronache - pare siano pronti ad arruolarsi per puntellare l' attuale governo devastante e fallimentare. Leggi anche: "Non rispetta il silenzio elettorale": Giorgia Meloni contro Gualtieri Questo eventuale, ennesimo affronto agli elettori farebbe tristemente riflettere su come vengono scelte le candidature. A questo proposito più che ridurre il numero dei parlamentari - secondo la balorda idea grillina - bisognerebbe alzare la qualità dei parlamentari stessi (da questo punto di vista tutti stanno messi male e il M5S peggio). Ma è stato specialmente sulla crisi del coronavirus, di fronte alla drammatica inadeguatezza dell' attuale governo, che si sono evidenziate profonde divergenze nel centrodestra a proposito dell' atteggiamento da assumere per il bene del Paese. Continuare a chiedere «elezioni elezioni» o cercare di inserirsi nelle divisioni della coalizione di governo per ribaltarla con un esecutivo di unità nazionale che restituisca dignità internazionale al nostro Paese? I sondaggi danno sempre il centrodestra attorno al 50%, ben sopra alla Sinistra. Ci si chiede quindi perché uno schieramento che - giustamente - si candida al governo del Paese e che un giorno potrebbe anche guidare l' Italia, non mostri una visibile unità sulle questioni politiche ed economiche più importanti e non abbia momenti di dialogo e di sintesi. Né una strategia comune. La sensazione è che si privilegi più la tattica e l' interesse del proprio partito che la strategia di coalizione. Ma così si rischia anche di anteporre il partito all' interesse generale del Paese. Sarebbe grave. Credo sia un errore dovuto prevalentemente a ingenuità e scarsa esperienza. Che vanno superate da coloro che aspirano a diventare statisti. BASTA ILLUSIONI La prima ingenuità è illudersi che qualcuno voglia veramente "regalare" le elezioni al centrodestra (dato per) vincente. Se lo scordino: il Pd professa la religione del potere, è disposto a tutto per occupare il Palazzo; e il M5S è disperatamente attaccato alle poltrone come un naufrago alla scialuppa. Dunque le elezioni - se non lavoreranno per allargare le crepe della coalizione di governo - non arriveranno prima del 2023 e in questi anni la sinistra farà danni irreparabili al Paese (ovviamente farà di tutto anche per schiantare il centrodestra). Se ripeti sempre (e solo) «elezioni elezioni» oltre a mostrare la tua impotenza e marginalità, restando fuori da tutti i giochi, rinunci a fare politica, ti auto-releghi nella situazione in cui era costretto il Msi nella prima repubblica, quando vigeva l' arco costituzionale. Infatti Almirante non diceva che questo: «Elezioni elezioni». Sempre. Così si resta perennemente all' opposizione. La seconda illusione è quella per cui basterà vincere queste remote elezioni del 2023 per poter governare il Paese e quindi avere (finalmente) la Grande Occasione Storica del centrodestra. Questa è la convinzione di Giorgia Meloni, bravissima, preparata e simpatica (è una vera leader), ma in questa sua convinzione appare profondamente ingenua. Perché è ingenua e illusoria l' idea della Grande Occasione Storica? Perché significa credere di poter arrivare illesi al 2023, di poter trovare fra tre anni un Paese ancora in piedi, e soprattutto significa credere che davvero a determinare i governi siano (solo) gli elettori nelle urne. Ciò vuol dire non avere nessuna idea della vera struttura del potere e delle "dipendenze" del nostro Paese da altri poteri. Non basta vincere le elezioni per governare (quantomeno non basta a chi vuole davvero cambiare le cose). Un attento analista come Steve Bannon - lo stratega di Donald Trump - ha avvertito il centrodestra italiano. «Ovunque ci sia un leader populista», ha spiegato Bannon, «l' establishment fa di tutto per eliminarlo. Vincere le elezioni () non cambia le cose. Il messaggio l' avevo già dato anche nel 2017, un anno dopo l' elezione di Trump. Se si pensa che vincere le elezioni cambi le cose ci si sbaglia grosso. Nessuno ti consegna le chiavi di un sistema e ti dice "porta il Paese dove vuoi". Ogni giorno ci si deve confrontare. È lotta politica a livello più alto. L' establishment ha a sua disposizione un sistema economico e un sistema politico che conferisce benefici. Chi appartiene all' establishment non è disposto a darti una pacca sulle spalle e a farti i complimenti perché hai avuto un' idea diversa dalla loro». FARE POLITICA Dunque invece di ripetere «elezioni elezioni» occorre fare politica. Oggi significa capire che l' Italia rischia di essere portata al tracollo da questo governo: fra crisi economica ed effetti del coronavirus s' intravede il famoso cigno nero. Bisogna comprendere che anche l' establishment, o una parte di esso, può avere l' interesse a scongiurare il tracollo. Se per salvare il Paese devi trattare con l' establishment e adottare una strategia di graduale avvicinamento al governo, di lungo respiro, hai il dovere di farlo. Nell' interesse del tuo Paese (e dei tuoi stessi elettori), anche se un calcolo miope ti indurrebbe a credere che assistere allo sfascio dall' opposizione ti farebbe guadagnare qualche punto percentuale. Fuor di metafora, se per salvare il Paese occorre dialogare con Matteo Renzi (scartando la balorda e pericolosa idea del "Sindaco d' Italia", ma puntando sul rilancio economico) e magari "coinvolgere" personalità come Mario Draghi, una forza responsabile, che vuole difendere l' Italia, lo fa. E aiuta la ricostruzione dell' immagine dell' Italia nel mondo. Se lo si rifiuta per miopi calcoli di bottega, presentandosi come "duri e puri", in attesa della Grande Occasione Storica, si prendono in giro i propri elettori e si getta l' Italia nel baratro. È stato un grande come Joseph Ratzinger, parlando ad una assemblea di politici, a fare l' elogio del realismo e del compromesso in politica (come la più alta moralità) e a condannare l' utopismo ideologico dei puri e duri, come il peggiore inganno, nefasto per i popoli: «Essere sobri e realizzare ciò che è possibile, e non reclamare con il cuore in fiamme l' impossibile, è sempre stato difficile, la voce della ragione non è mai così forte come il grido irrazionale. Il grido che reclama le grandi cose» proseguiva Ratzinger «ha la vibrazione del moralismo; limitarsi al possibile sembra invece una rinuncia alla passione morale, sembra il pragmatismo dei meschini. Ma», concludeva il futuro papa, «la verità è che la morale politica consiste precisamente nella resistenza alla seduzione delle grandi parole con cui ci si fa gioco dell' umanità dell' uomo (). Non l' assenza di ogni compromesso, ma il compromesso stesso è la vera morale dell' attività politica». di Antonio Socci

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