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Repubblica&co: "Berlusconi adesso è finito", dal '94 a oggi tutte le volte che non ci hanno preso

Le dimissioni del '94, la sconfitta del '96, le Regionali del 2005 e Monti nel 2011. Quando la sinistra fa i funerali al Cav, lui si rialza sempre

Roberto Procaccini
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"E' il giorno del tramonto di Berlusconi, tramonto pieno di fiele (...). Berlusconi è ancora lì seduto, ma è già passato (...) C'erano una volta i berluscones (...). Ieri non avevano più parole, vagavano come orfani abbandonati, incerti se urlare qualcosa in aula o rimasticare mugugni in corridoio. Sbandati e spaesati, depressi e livorosi". Cos'è, una delle tante cronache dal Palazzo della decadenza del Cavaliere? Niente affatto: è un pezzo de la Repubblica datato 22 dicembre 1994. Silvio, dopo il "tradimento" di Umberto Bossi, aveva appena rassegnato le dimissioni. E il giornale-partito, ancora diretto da Eugenio Scalfari, aveva già voglia di archiviarlo. Questo il titolo: "E il tramonto di Silvio accese la stella di Fini". Non è andata proprio così. Mai una gioia - C'è un filo conduttore nell'esperienza politica di Berlusconi: i suoi rivali ciclicamente ne predicono la fine, mentre lui, quando cade, sa rialzarsi. Col risultato che in vent'anni di Parlamento, si sono svolti più volte i suoi funerali politici, e tutti a vuoto. Come commentare altrimenti la copertina de l'Espresso del 1996? Romano Prodi aveva vinto le politiche a capo del carrozzone Ulivo, e il settimanale appiccicò in fronte a Silvio un "The End". Finito? Per niente. Dopo 5 anni di stenti e di governicchi di centrosinistra, il Cav nel 2001 era di nuovo a Palazzo Chigi. Regionali e affini - L'occasione propizia perché i suoi avversari possano cantare nuovi inni funebri a Silvio viene con le Regionali del 2005. La vittoria dei candidati di centrosinistra in 11 regioni su 13 sembrano la battaglia che chiude la guerra al Cav. Europa, testata ufficiale della Margherita, allestisce una rassegna stampa internazionale dal titolo: "La fine del berlusconismo è ormai inevitabile". Ma a saltare in maniera più convincente sul carro del vincitore che non c'è è, come sempre, la Repubblica. A vergare un'editoriale dal titolo "La corsa del professore" è Curzio Maltese: "Se si trattava di una prova generale, un referendum su Berlusconi e Prodi - scrive in attacco -, allora il Professore ha stravinto e il Cavaliere ha straperso. Il vero risultato non è l' 11 a 2 o il 10 a 3, è la frana di Forza Italia, la fine del berlusconismo, il ritrarsi dell' onda lunga che ha dominato un decennio di vita italiana". Per la penna d'oro di casa Repubblica, il risultato delle urne non dà adito a dubbi interpretativi: "Berlusconi è il perdente, processato dagli alleati - scrive -, costretto a scendere a patti con l' ultimo vassallo se vuole conservare la poltrona. Prodi è il leader vincente, il grande federatore, quello che ha avuto le intuizioni giuste e ora può chiedere e ottenere di tutto". Alle politiche dell'anno dopo finisce pari. Nel 2008 il Cav si riprende (ancora una volta) il Paese. Arriva Monti - Ricordate il novembre 2011? Le dimissioni del Cav, a favore del governo dei Tecnici, accompagnate da caroselli e festeggiamenti in piazza del Quirinale? Ecco, per molti doveva essere la pietra tombale del berlusconismo. Prendiamo il Fatto Quotidiano (versione online,) testata che nelle precedenti occasioni non poteva unirsi ai festeggiamenti onanistici per la semplice circostanza che ancor non esisteva. "Silvio Berlusconi non è più il presidente del Consiglio - vi si legge solenne -. Ha consegnato le sue dimissioni nelle mani del capo dello Stato, Giorgio Napolitano. Un atto formale che segna al tempo stesso la fine del berlusconismo (18 anni), dell'esperienza governativa più longeva dal secondo dopoguerra ad oggi (1284 giorni) e, soprattutto, - ancora - della Seconda Repubblica. Al Colle si lavora in silenzio. Fuori è il tripudio". Com'è andata alle politiche del 2013 è noto: Pd con le ruote sgonfie e Pdl al governo.  di Roberto Procaccini

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