Sardegna: dopo voto montano proteste contro Legge statutaria elettorale
Cagliari, 20 feb. - (Adnkronos) - E' bufera sulla Legge statutaria elettorale, quella votata dall'Assemblea regionale sarda nel novembre del 2013, che ha disciplinato l'elezione del XV Consiglio regionale della Sardegna, lasciandosi dietro, dopo la chiusura delle urne, una scia di polemiche tanto da far pensare addirittura ad un ricorso alla Corte Costituzionale per totale assenza del criterio di rappresentatività territoriale. Una legge che è stata pensata per quattro province, quelle storiche di Cagliari, Sassari, Oristano e Nuoro, dopo il referendum del 5 maggio 2012 che abrogavano le province regionali di Medio Campidano, Carbonia Iglesias, Ogliastra e Olbia Tempio, ma che di fatto è stata utilizzata per le otto vecchie ripartizioni provinciali, penalizzando i territori meno popolati. Pensata e scritta dalla Prima Commissione 'Autonomia' sul metodo D'Hondt non ha funzionato in Sardegna, nonostante il metodo del matematico belga, sia quello su cui si basano le leggi elettorali di numerosi paesi europei. Il primo a protestare contro la legge è stato Doddore Meloni, storico leader di Maris -Malu Entu. Iniziò prima delle elezioni contestando la raccolta di firme a sostegno della presentazione delle liste. Requisito che alcuni partiti aggirarono grazie ad uno stratagemma tecnico: se il partito fosse stato presente in Consiglio regionale non c'era necessità di raccogliere firme. Alcuni consiglieri regionali a dicembre formarono gruppi tecnici che hanno permesso alle nuove liste di non raccoglier firme. Meloni restò fuori e quindi anche stamani, per il terzo giorno, con una bandiera sarda sulle spalle, dalle 7 alle 8, presidia il palazzo di viale Trento a Cagliari, sede della Regione Sardegna, definendo la legge anticostituzionale e liberticida. (segue)