Matteo Renzi e il suo fidato sottosegretario Graziano Delrio hanno cambiato così tante volte idea sulla presunta cancellazione delle Province che, a furia di modifiche last minute, hanno mandato in confusione persino il massimo esperto di meccanismi elettorali del nostro Paese, nonché loro consulente tecnico, cioè il professor Roberto D’Alimonte. La legge che anziché abolirle riforma le Province (7 aprile 2014, n.56) è stata approvata la scorsa primavera. Gli enti resistono e addirittura in qualche caso “risorgono” dopo i commissariamenti decisi dagli ultimi governi, ma diventano “enti di secondo livello”: il presidente viene indicato da un’assemblea di eletti e non direttamente dai cittadini. Ad eleggere i “nuovi” consiglieri provinciali e il presidente dell’ente saranno – nelle prossime settimane – i delegati dei consigli comunali dei principali Comuni delle Province dove si andrà al voto. La proposta di riforma firmata dal sottosegretario prevedeva che il voto potesse essere espresso solo nei confronti dei candidati inseriti nelle liste (e non a favore della lista) e il riparto dei seggi avveniva sulla base dei voti (ponderati) ottenuti dai singoli candidati. Poi, però, qualcuno nel Pd deve essersi accorto che quel sistema favoriva gli “outsider” piuttosto che i partiti strutturati come quello del premier e, sul fronte opposto, Forza Italia. Così con un emendamento presentato dal segretario regionale piddino del Veneto, Roger De Menech, si è modificato il comma 74 della legge Delrio e introdotto all’ultimo secondo prima delle vacanze estive la novità: i seggi si assegnano prima alle liste e, all’interno della lista, sulla base delle preferenze ottenute. Quest’ultima modifica – che sembra minimale, ma non lo è affatto – è sfuggita addirittura al Centro Italiano Studi Elettorali fondato e diretto dal professor Roberto D’Alimonte, lo scienziato-tecnico che nei mesi scorsi ha collaborato con Matteo Renzi nella scrittura dell’Italicum. Sul sito del CISE è comparso ieri un post “Elezione indiretta delle Province: ecco come funziona”. La svista si trova nel seguente passaggio: “Le modalità di elezione del Consiglio provinciale sono molto simili a quelle del consiglio metropolitano, con la differenza che gli elettori non votano per le liste presentate (anch’esse devono essere sottoscritte almeno dal 5% degli aventi diritto) ma direttamente per uno dei candidati di una delle liste. Vige anche in questo caso il meccanismo della ponderazione del voto a seconda della fascia demografica di afferenza dell’elettore. Una volta determinata la cifra individuale ponderata di ciascun candidato viene formata una graduatoria unica di tutti i candidati”. Ad accorgersi dell’errore sono stati i gestori di http://professioneparlamento.blogspot.it , un pool di esperti di procedure parlamentari che organizzerà nelle prossime settimane un corso per assistenti parlamentari. La svista che ha mandato in confusione il Cise non è materialmente del professore, che pure ha “postato” l’articolo sul suo profilo Twitter, ma di un ricercatore: evidentemente non è riuscito nemmeno lui che è un esperto e addetto ai lavori a stare dietro alle troppe – e confuse – evoluzioni della disciplina decisa dal governo per la trasformazione delle Province. Chissà se riusciranno a capirle almeno gli elettori. di Paolo Emilio Russo
