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Furbetti del bonus, il Garante della privacy: "I nomi si possono pubblicare", il cavillo che li inchioda

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Continua a tenere banco il caso dei cosiddetti “furbetti” del bonus 600 euro destinato dall’Inps ai lavoratori autonomi ed alle partite Iva. I giornali continuano a dare la caccia ai deputati che hanno incassato i fondi previsti per fronteggiare la crisi economica derivante dal coronavirus: oggi Repubblica, Corriere della Sera e Fatto Quotidiano convergono sui nomi di Andrea Dara ed Elena Murelli, additati come i due leghisti che avrebbero usufruito del bonus. Ancora nessuna conferma né smentita, ma i sospetti sono acuiti dal fatto che i due risulterebbero irriperibili fin da quando è esploso il caso.

Intanto è arrivato anche il parere del Garante per la protezione dei dati personali, secondo cui in questa vicenda dei “furbetti” del bonus “la privacy non è di ostacolo alla pubblicità dei dati relativi ai beneficiari del contributo laddove, come in questo caso, da ciò non possa evincersi una condizione di disagio economico-sociale dell’interessato”. E non è di certo questo il caso, dato che i due leghisti incriminati hanno entrambi un reddito superiore ai centomila euro. Inoltre il Garante ha aggiunto che “ciò vale a maggior ragione rispetto a coloro per i quali, a causa della funzione pubblica svolta, le aspettative di riservatezza si affievoliscono, anche per effetto dei più incisivi obblighi di pubblicità della condizione patrimoniale cui sono soggetti”. Ciò però non toglie che “sarà aperta un’istruttoria” sulla metodologia seguita dall’Inps “rispetto al trattamento dei dati dei beneficiari e alla diffusione delle notizie al riguardo”. 

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