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Pier Ferdinando Casini al Quirinale? Il plauso di Ernesto Galli Della Loggia: "Una persona di buon senso, punterei su di lui"

Gianluca Veneziani
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Alcuni giorni fa, in un lucidissimo editoriale sul Corriere della Sera, ha identificato la cifra principale di questo governo nel combinarsi di due trasformismi, quello di Pd e 5 Stelle. Ernesto Galli della Loggia, storico e commentatore politico, considera questa deriva la base di un modello (degenere) che fa del nostro Paese «un caso abbastanza unico nella storia delle democrazie occidentali».


Prof. Galli della Loggia, tramontate le grandi ideologie, il trasformismo è rimasto tristemente l'unico -ismo della politica italiana?
«Il trasformismo non è un'ideologia, ma una pratica senza ideologia. Si tratta di una tendenza di fondo del nostro sistema politico. Tutti i partiti, nell'arco delle loro lunghe o brevissime esistenze, tendono a cambiare la propria identità a seconda delle circostanze e delle convenienze del momento».

Parlando delle due forze principali di governo, è più grave il cedimento del Partito democratico sul taglio dei parlamentari o la decisione dei 5 Stelle di aprire alla possibilità di un terzo mandato?
«Hanno entrambi lo stesso significato di rinuncia ai fondamentali della propria identità. La cessazione del limite del doppio mandato comporta per i 5 Stelle l'abdicazione alla tematica dell'anti-Casta. Accettare il taglio dei parlamentari significa per il Pd rinunciare alla sua funzione di guardiano della Costituzione. La riduzione del numero di deputati e senatori non è un fatto solo algebrico, vuol dire cambiare parti decisive del funzionamento della nostra Carta».

Come si rendono compatibili questi due trasformismi?
«Cercando di volta in volta un compromesso al ribasso o facendo ciò che è nell'interesse immediato dell'uno o dell'altro partito. Gli accordi consentono di tenere viva l'alleanza, ma impediscono una politica di ampio respiro e a lungo termine».

L'unica ragione alla base dei compromessi è mantenere la poltrona?
«Be', da sempre il senso di tutti i partiti è ambire al potere. Si fa politica solo per arrivare al potere e cercare di conservarlo. Nella fattispecie del governo giallorosso, i 5 Stelle hanno fatto quest' accordo soltanto per restare al potere, il Pd per arrivarci senza passare attraverso la verifica elettorale».

Il garante del compromesso è Conte. Più che il simbolo della Terza Repubblica, rischia di essere un emulo di Depretis, padre ottocentesco del trasformismo?
«Conte è solo l'ultimo attore di una lunga storia nella politica italiana, che inizia più di un secolo fa. Il trasformismo di Depretis fu però una lunga stagione politica. Conte al governo dura da soli due anni e potrebbe anche naufragare domani».

A ogni trasformismo corrisponde un tradimento della base. Crede che gli elettori puniranno Pd e 5 Stelle per questo?
«I 5 Stelle hanno già avuto delle forti punizioni a livello elettorale, dopo aver abdicato a certi fondamentali. E anche il Pd ha già avuto una batosta fortissima nel 2018, riducendosi al 18%. Mi riesce difficile immaginare ulteriori perdite significative per i due partiti, ma mi viene anche difficile immaginare dei guadagni».

Intanto Pd e 5 Stelle faticano a trovare un accordo per le Regionali. È la dimostrazione che l'alleanza non è destinata a durare e che gli elettori la rifiutano sul territorio?
«Io penso che sia l'effetto della lotta interna in questi partiti a livello locale. Negli ultimi anni il sistema politico ha subito una forte decentralizzazione: gli apparati politici regionali si sono autonomizzati rispetto alle segreterie di partito e si sono affermati governatori in grado di imporre le loro decisioni a prescindere dalla direzione centrale. In Pd e 5 Stelle, in particolare, assistiamo a una rivolta locale contro il centro. Prevalgono interessi, ambizioni, gelosie personali che il centro non riesce più a controllare».

Lei quanti mesi di vita dà al governo?
«Dipende molto dai risultati elettorali delle Regionali e dal referendum sul taglio dei parlamentari. Esiste però un collante molto forte rappresentato dall'elezione del presidente della Repubblica. Sia Pd che 5 Stelle vogliono eleggere il "loro" capo dello Stato. Fosse per me, punterei su Pier Ferdinando Casini, una persona di buon senso, moderata, equanime. Non sarebbe male morire democristiani: la Democrazia Cristiana, vorrei ricordarlo, è stata protagonista della più lunga e fruttuosa stagione della politica italiana».

Un Draghi premier al posto di Conte è fantapolitica?
«Penso che Draghi si guardi bene dal fare il presidente del Consiglio in questa situazione. Si brucerebbe e basta. È troppo intelligente per scendere in campo».

Il consulente del governo Walter Ricciardi ipotizza il rinvio delle elezioni regionali per ragioni sanitarie. Sarebbe un gravissimo vulnus alla democrazia?
«Io penso che, a meno di un aggravamento catastrofico della situazione, le elezioni si debbano fare. E sono convinto che si faranno».

Le tre forze di centrodestra hanno appena firmato un patto anti-inciucio: mai più con Pd e 5 Stelle. Basterà questo accordo a tenere unita la coalizione?
«Bisognerà vedere se avranno un successo elettorale alle Regionali che consenta loro di pensarsi come maggioranza del Paese. Se vincono le elezioni, il patto anti-inciucio terrà, viceversa ognuno andrà per la sua strada».

Anche gli equilibri di leadership all'interno del centrodestra potrebbero essere rimodulati?
«È pensabile. Se la Meloni ha più voti di Salvini, dovrebbe essere lei il leader. Ha tutte le carte in regola per farlo».

A suo avviso, si sta delineando un nuovo bipolarismo, Pd e 5 Stelle da un lato e fronte sovranista e moderato-conservatore dall'altro?
«Questo scenario potrebbe venire fuori se ci sarà una legge fortemente maggioritaria o se i risultati elettorali premieranno l'alleanza di centrodestra. Allora è verosimile che, per contrastare il polo di centrodestra, si compatti il fronte opposto».

A livello di idee, il bipolarismo del futuro quale sarà? Politicamente Corretti contro Difensori del sentire popolare, Globalisti contro Patrioti?
«Le maggiori divisioni sono quelle nei confronti dell'Europa e della coppia Russia-Cina, questioni importantissime per il posto dell'Italia negli equilibri internazionali. Quanto alla politica interna, dall'immigrazione alla ripresa economica, vedo invece una contrapposizione che non entra mai nel merito e si nutre solo di slogan. In generale, mancano visione di lungo periodo, idee e programmi veri. Quest' andazzo, da vent' anni, sta portando l'Italia alla rovina, trasformandoci in un Paese di serie B. Conte è il rappresentante di questo vuoto politico, di un Paese che ha perso la bussola della Politica e non riesce più a vedere al di là della scadenza elettorale».

Lei l'anno scorso ha pubblicato il libro L'aula vuota. Come l'Italia ha distrutto la sua scuola (Marsilio). La Azzolina, con le sue incertezze e le proposte discutibili per ripartire, la sta distruggendo del tutto? «Ritengo la Azzolina un ministro finora mediocre e l'idea dei banchi a rotelle strampalata: secondo me sono inutili e inutilmente costosi. Detto questo, trovo ingiusto il tiro al bersaglio nei suoi confronti. In questa situazione nessuno al suo posto saprebbe bene cosa fare».

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