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Coronavirus, "fino a quando terremo tutto chiuso": vita da incubo, voci inquietanti dal governo sul "profondo 2021"

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Arriva la doccia fredda. Che un po' ci aspettavamo, vista la situazione: «A Gennaio, Febbraio e Marzo avremo ancora tre mesi con regole rigide. Inutile nasconderlo», dice il ministro Francesco Boccia in tv. Circostanza confermata anche dalla bozza del decreto Milleproroghe, che oggi finirà sul tavolo del consiglio dei ministri per l'approvazione. Il dl prevede il prolungamento dello «stato di emergenza epidemiologica da Covid-19 fino al primo marzo 2021». Ed eccoci qui. La conta ricomincia da capo. A Ottobre il presidente del Consiglio ci aveva imposto una serie di limitazioni alle libertà personali. Con una promessa: «Sacrifichiamoci ora, per trascorrere un Natale sereno».

Tale e quale: le feste sono arrivate, la curva dei contagi si è raffreddata, ma poco. Meno delle attese. E quindi ci tocca un Natale blindati, asserragliati in una sorta di lockdown di ritorno. Però poi Giuseppe Conte, non pago, si è lanciato di nuovo. Roba di qualche giorno fa: facciamo dei sacrifici durante le feste comandate, ha detto, ed eviteremo la terza ondata. Altra promessa smentita, a stretto giro, dal suo ministro degli Affari Regionali. Che, ospite a "Tagadà", su La7, raffredda ogni residuo entusiasmo: «Il 2021 è l'anno dell'uscita da questo incubo», ma per riuscirci «dobbiamo rispettare le regole e come arriviamo a Gennaio dipende molto dai comportamenti dei prossimi 15 giorni».

 

FATE I BRAVI
Al governo la pensano così. Dipende sempre e solo dagli italiani. "Fate i bravi", è il massimo della strategia di Palazzo Chigi. Che, dopo la prima ondata, non è riuscito a potenziare gli ospedali, ad aumentare le terapie intensive (se non di qualche centinaia di posti), ad assumere medici anestesisti che le facciano funzionare. Però abbiamo i banchi con le rotelle. Che chissà quando saranno utilizzati. Perché, a questo punto, se l'andazzo è quello delineato da Boccia, difficilmente le scuole superiori riapriranno il 7 gennaio. Stessa data in cui dovrebbe partire la stagione sciistica. Ma ieri l'Associazione nazionale degli esercenti funiviari ha alzato bandiera bianca: è un'utopia, ha detto la presidente Valeria Ghezzi, «con una situazione sanitaria così compromessa non ha senso pensare di riaprire gli impianti». Se cala il contagio «possiamo ipotizzare un'apertura tra il 20 e il 30 gennaio, non prima.

Ora dobbiamo puntare ad avere un protocollo, che è fermo al Cts, poi penseremo ad individuare una data certa per la riapertura». Che succederà? Realisticamente si proseguirà per un tot con le chiusure differenziate per territorio: giallo, arancione, rosso. Ma è chiaro che altri tre mesi così, settori come il commercio, la ristorazione, il turismo, la cultura, non li reggono. Intanto ieri sono arrivati ulteriori chiarimenti dal ministero dell'Interno sulle attività consentite durante la fase rossa del Natale. Ci saranno corsie privilegiate per il volontariato, i fedeli e chi abita nei piccoli comuni al confine con un'altra Regione. «Sono consentiti, senza limiti di orario, gli spostamenti che si riconnettono ad attività assistenziali svolte, nell'ambito di un'associazione di volontariato». È quanto si legge nella circolare inviata ai prefetti dal capo di Gabinetto del Viminale, Bruno Frattasi, a seguito del Decreto Natale. Per quanto riguarda le messe, «l'accesso ai luoghi di culto e la partecipazione alle funzioni religiose restano comunque consentite. Anche in questi casi troveranno peraltro applicazione», si spiega nella circolare, «i limiti orari imposti dal cosiddetto coprifuoco». Tradotto: niente funzione di mezzanotte, il Bambino viene fatto nascere prematuro. Di qualche ora. Il Vaticano è d'accordo.

ANDATA E RITORNO
Nei giorni festivi e prefestivi, quando entrerà in vigore in tutto il territorio nazionale la cosiddetta zona rossa, gli spostamenti saranno consentiti solo per motivi giustificati. E le prefetture sono invitate a mettere in piedi un capillare servizio di controllo «lungo le arterie di traffico e in ambito cittadino, al fine di prevenire possibili violazioni alle restrizioni alla mobilità ovvero situazioni di assembramento e di mancato rispetto del distanziamento interpersonale». Ci sono poi altre precisazioni, considerate doverose visto come è stato scritto (male) il decreto Natale. Il Viminale chiarisce che, per quanto riguarda gli spostamenti tra piccoli Comuni, è importante che il paese di partenza abbia una popolazione "inferiore ai 5mila abitanti", non quello di destinazione. Però, se quest' ultimo è "un capoluogo di provincia", non va bene. Vige il blocco. Ultima spiegazione, quasi comica: il decreto Natale lascia la libertà di spostarsi «una volta al giorno», in massimo due persone (più due under 14) presso una seconda casa. Ebbene il ministero dell'Interno precisa che è consentito anche il ritorno. Perché dal testo del governo non si capiva bene. riproduzione riservata.

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