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Green Pass, la sparata di Monica Cirinnà: "Trans costretti ad esibire il vecchio nome, così vengono umiliati"

Giovanni Sallusti
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Nuovo capitolo dell'infinita e appassionante saga: le priorità del Pd. Protagonista una specialista indiscussa del genere, la senatrice Monica Cirinnà, pasdaran arcobaleno che fa sembrare Alessandro Zan un moderato con punte di bigottismo, coniatrice dell'immortale aforisma "Dio, patria e famiglia, che vita di merda". Ebbene, la signora (ma forse dovremmo usare l'asterisco finale, per non fare illazioni reazionarie sul genere percepito) ha scovato il vero problema in tema di Green Pass. Non l'elefantiaca burocrazia italica che trasforma il banale ottenimento di un codice in un'impresa epica, non il rimpallo pirandelliano tra identità cartacea, identità Spid e crisi d'identità dei funzionari preposti, non l'inaccettabile stortura per cui le famiglie continuano a sborsare i tamponi per dare ai bambini l'ovvio, le vacanze.

 

 

UN COLPO DI GENIO
No, il colpo di genio della Cirinnà, come al solito, va oltre: il Green Pass costituisce un gravissimo caso di discriminazione, l'ennesimo, ai danni della comunità transgender. Giuriamo, non è il cronista, è certa realtà sinistra, che deve posare il fiasco, noi ci limitiamo a raccontarla. E per essere fedeli, riportiamo i virgolettati dell'esimia senatrice, dall'intervista all'Huffington Post che è servita per lanciare l'imprescindibile emergenza: «Ritengo assolutamente necessario intervenire sulle modalità di verifica del certificato verde, per fare in modo che venga rispettata la riservatezza e che le persone trans non vengano umiliate pubblicamente e costrette a rivelare elementi non necessari della propria identità e della propria storia». Il problema, in particolare, si porrebbe per «le persone trans in attesa di rettifica anagrafica».

Per cogliere la portata del dramma, vengono in soccorso i due ultimi anglismi politically correct, illustrati dalla senatrice: «Misgendering e deadnaming - ovvero quelle situazioni nelle quali la persona trans non è riconosciuta, o è addirittura costretta a rivelare il proprio percorso di vita e/o ad essere chiamata con il nome registrato all'anagrafe, ma non corrispondente all'identità manifestata nella vita di relazione - sono pratiche che rasentano la violenza istituzionale». Nella fattispecie, il misgendering consiste in quella retriva semplificazione biologica per cui è l'apparato genitale di un individuo a stabilire se costui è maschio o femmina (roba a cui ormai crede solo Giovanardi), mentre il deadnaming è l'equivalente contemporaneo del pestaggio fascista: chiamare una persona addirittura col nome assegnatole alla nascita. Per cui, par di capire seguendo la logica cirinniana (materia più ostica della relatività ristretta) costituirebbe una «violenza istituzionale» per la «persona cisgender» (non ci è chiarissima la distinzione tra costei e la persona «transgender», ma su alcuni snodi passiamo la mano) esibire a richiesta un documento con riportato un nome non aggiornato al suo percorso di transizione, o come diavolo vuole definirlo la neolingua Lgbt, prima di accomodarsi al ristorante, aun concerto, al cinema, come fanno i banali eterosessuali.

 

 

LA NEOLINGUA
Certo, ammette amarognola la Cirinnà, «l'indicazione del cognome e del nome della persona titolare di green pass è prevista dalla legislazione interna, ma anche dal Regolamento Ue che uniforma le modalità di redazione del certificato in Europa», per cui stavolta risulta davvero dura accusare gli sporchi sovranisti di quest' ennesima pratica omofoba. Eppure, «forse una qualche soluzione può essere ricercata sul piano della visualizzazione del certificato stesso, almeno in formato elettronico, ad esempio rendere visibile unicamente il QR Code». Il punto inaggirabile però è che «resterebbe in piedi il problema dell'esibizione del documento». Niente, pare che per la Cirinnà e le avanguardie del progressismo democratico la via sia una sola. Concedere ai transgender quel che (giustamente) non si concede ai no-vax: la possibilità di infischiarsene del Pass. Che tra l'altro è Green, manco arcobaleno. 

 

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