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Mario Draghi, il retroscena: "Non sono un burattino". Dagospia: il secco "no" a Daniele Franco premier

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Il patto del Quirinale siglato a tavola da Goffredo Bettini e, tra gli altri, Gianni Letta, non va giù a Mario Draghi. A riferirlo un indiscreto di Dagospia, sempre molto ben informato su quello che passa nella testa del premier. "Non sono un burattino", sarebbe lo sfogo dell'ex presidente della Banca centrale europea. Non è dato sapere se sia una deduzione di Dago o una frase "rubata" nelle Sacre stanze di Palazzo Chigi, ma il concetto è chiaro. Alla presenza di Letta, storico consigliere di Silvio Berlusconi, Giuseppe Conte leader del Movimento 5 Stelle e dei due ministri e big del Pd Andrea Orlando e Dario Franceschini, come riportato domenica da Repubblica, il gran visir democratico Bettini avrebbe convenuto sull'opportunità di spingere Draghi al Quirinale e piazzare al suo posto come premier il fidatissimo ministro del Tesoro Daniele Franco

 

 

 

 



"Il patto della lasagna non esiste", assicura il sito di gossip politico fondato e diretto da Roberto D'Agostino. E questo proprio in virtù (o per colpa) del povero Franco: il ministro ha in mano il dossier delicatissimo sul Pnrr, vale a dire fondamentalmente l'unico vero collante delle varie anime della maggioranza, interessate a condizionare e controllare in qualche modo la pioggia di miliardi europei del Recovery Fund. Tuttavia, sottolinea Dagospia non senza malizia, il tecnico "non ha autorevolezza per una maggioranza così rissosa. E poi chi parla con Macron, Ursula, Scholz?":

 

 

 

 

 



Le indiscrezioni e le fughe in avanti di queste settimane, con scenari già predisposti a tre mesi dalla fatidica elezione del successore di Sergio Mattarella, stanno peraltro imbalsamando il premier. Che secondo Dago starebbe pensando a un gesto clamoroso, per rompere l'impasse e dare "una sveglia" ai partiti della sua maggioranza: "Nei prossimi giorni, l'aut-aut di Draghi", si legge. Tenore? "Se si va avanti così, io vi saluto. Ho accettato l'incarico solo per salvare il mio Paese in stato d'emergenza". E forse proprio per questo, è la coda del ragionamento del retroscena, "Enrico Letta si è ben guardato di andare a lucidare la pantofola di Bettini, ormai mejo di Lucherini come press agent di se stesso". Insomma, è la tesi di Dagospia, il pranzo dell'inciucio bipartisan sarebbe solo un nuovo escamotage di Bettini "in cerca di visibilità" come un Richard Gere qualunque.

 

 

 

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